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giovedì 1 marzo 2018

Il ‘68… 1967 Trento per una Università Negativa (capitolo IX)


Nella primavera del ’67 a Trento avviene il salto qualitativo. Gli studenti escono dall’università e organizzano, investendo tutta la città, una settimana di lotte sul tema dell’imperialismo. È la settimana del Vietnam, dal 12 al 18 marzo ’67. Nell’università viene proclamato uno sciopero politico di due giorni. Durante un’affollata assemblea, tenutasi il primo giorno di sciopero, il direttore dell’Istituto chiama, per la prima volta, ingenti forze di polizia. Gli studenti conoscono così il loro primo scontro massiccio con le istituzioni. A uno a uno gli studenti sono trascinati, fotografati, schedati e denunciati, col risultato di provocare un salto enorme di coscienza politica. L’anno accademico successivo, il ‘67/’68, non può di fatto neppure aprirsi:  l’assemblea generale proclama uno sciopero “attivo”. Durante questa fase il Movimento Studentesco matura la sua svolta radicale. Il frutto più emblematico e più discusso di questa presa di coscienza è la proposta di una “università negativa”. In un manifesto a cura del Movimento per una università negativa (autunno 1967) tra l’altro si legge:
Oggi di fatto, l’università strutturalmente si pone come una organizzazione in cui la funzione è quella di soddisfare gli svariati bisogni tecnici della società. L’università fornisce gli strumenti aggiornati per mettere sempre più a punto l’organizzazione del dominio di una classe sulle altre classi. L’apparato tecnologico, così potenziato, può finalmente sostituirsi al “Terrore” del domare le forze sociali centrifughe e fornire alla classe sociale che ne dispone una superiorità immensa sul resto della società (…)

L’università è uno strumento di classe. Essa, a livello ideologico, ha la funzione di produrre e trasmettere una ideologia particolare – quella della classe dominante – che presenta invece come conoscenza obiettiva e scientifica, e delle abitudini – comportamenti particolari – quelli della classe dominante come necessari e universali.
Alle volte però, gli strumenti tecnici non sono sufficienti a mantenere lo status quo. È il caso in cui frange non integrate turbano la quiete manipolata dall’universo politico. Nell’università viene negato agli studenti il diritto di esprimersi sui problemi fondamentali (e non) della politica nazionale e internazionale ( …) REPRESSIONE E VIOLENZA sono il tessuto connettivo della nostra società. Ma noi formuliamo come ipotesi generale che vi sia ancora la possibilità concreta di un rovesciamento radicale del sistema a capitalismo maturo attraverso nuove forme di lotta di classe interna ed esterna (nazionale ed internazionale) e lanciamo l’idea di una UNIVERSITÀ NEGATIVA che riaffermi nelle università ufficiali ma in forma antagonistica ad esse la necessità di un pensiero teorico, critico e dialettico, che denunci ciò che gli imbonitori mercenari chiamano “ragione” e ponga quindi le premesse di un lavoro politico creativo, antagonista e alternativo.   

Solo il rovesciamento dello Stato permetterà una reale ristrutturazione del sistema d’insegnamento (…)
Noi abbiamo individuato l’Università Negativa come luogo di integrazione politica e analisi critica dell’uso degli strumenti scientifici proposti dallo strato intellettuale della classe dominante nelle nostre università.
Ad uso capitalistico della scienza bisogna opporre un uso socialista delle tecniche e dei metodi più avanzati.

 

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