Translate

giovedì 4 gennaio 2018

L’INSAZIABILE di Antonia Bird

Siamo nel 1847. La Guerra tra Stati Uniti e Messico è finita da poco, con la vittoria degli americani, che si sono assicurati il controllo del Texas e di vasti territori in Colorado, California, Nevada, Utah e Wyoming. Un esiguo numero di soldati statunitensi sorveglia un fortino tra le nevi della Sierra Nevada, non lontano dall’ex frontiera, ma al contempo distanti praticamente da ogni cosa. L’avamposto si chiama Fort Spencer e della guarnigione fa parte anche il capitano John Boyd, medaglia al valore conquistata sul campo, ma solo per caso. In realtà l’ufficiale è un codardo e quel trasferimento in un avamposto sperduto è il modo in cui i suoi superiori lo hanno isolato dal mondo civile.
L’elemento estraniante arriva attraverso un uomo sopravvissuto ai rigori dell’inverno. Un “servo del signore”, come si definisce con trasporto. Dice di chiamarsi Colquhoun e di essersi perso tra le nevi tre mesi prima, insieme ad alcuni compagni, costretti poi al cannibalismo per sopravvivere. Colquhoun spinge Boyd a organizzare una spedizione per salvare gli unici due membri superstiti del suo gruppo, in particolare una donna che a suo dire rischia di essere mangiata dal suo compagno di sventura, un militare dal grado di colonnello, Ives, colui che comandava la carovana, nonché il primo ad aver spinto tutti verso l’antropofagia. Una volta nei boschi l’uomo rivela però la sua vera natura di cannibale: Colquhoun e Ives sono in realtà la stessa persona. L’uomo ha già ucciso i suoi cinque amici, nutrendosi dei loro corpi, e ora ha intenzione di fare lo stesso coi soldati di Fort Spencer. Solo Boyd riesce avventurosamente a salvarsi, rompendosi però una gamba durante la fuga. Sopravvivendo a stento, dopo giorni riesce a tornare all’avamposto, solo per scoprire che Colquhoun/Ives, ripulito e rivestito della sua vecchia uniforme, è ora ospite del forte. Il suo obiettivo è uno soltanto: continuare a nutrirsi di carne umana. Non solo per una deviazione mentale, bensì perché a suo dire la dieta antropofaga è in grado di preservare il fisico, di curare le malattie e di aumentare la forza di chi la segue. A quanto pare Ives ha però anche un piano più elaborato: diffondere la sua pratica mistico-cannibalista negli alti ranghi dell’Esercito…
L'insaziabile è un piatto forte, che mescola sapori, generi e toni narrativi incluse molte scene vivamente sconsigliabili agli stomaci delicati. A conti fatti, però, si rivela piuttosto roba per palati fini: serrato nell'azione, preciso nelle ellissi narrative, capace di accelerare e rallentare il racconto nei momenti giusti. Il gusto europeo della regista viene fuori nel realismo dei dettagli, a cominciare da ambienti e corpi visibilmente sporchi come un film americano non ci darebbe mai. 
L’interpretazione stessa del cannibalismo è singolare, legata a pratiche sciamaniche antiche e occulte, che in un certo senso si ricollegano alla tradizione del Wendigo, lo spirito mangiatore di uomini del folklore algonchino. Un demone che si dice sia figlio dell’inverno e della fame. 
Antonia Bird è una regista che ama fare film scomodi e irregolari. L'insaziabile, dove Antonia dirige di nuovo il suo attore-feticcio Robert Carlyle, è uno strano racconto dell'orrore situato in un contesto western; ma un horror intelligente e complesso, originale, che fa affidamento sull'intelligenza dello spettatore giocando alternativamente tra humor nero e truculenze gore; all’interno del film abbiamo un paio di letture allegoriche che il sottotesto ci suggerisce: la più esplicita usa il cannibalismo come metafora del capitalismo, dei soldi e del potere, nonché di Hollywood (non a caso la collocazione geografica della guarnigione è la California), dove tutti sono belli e affascinanti ma non pensano che a mangiarsi l'un l'altro. La seconda riguarda la droga (l'effetto dell'antropofagia è descritto dal personaggio di Carlyle allo stesso modo di una sostanza stupefacente) e dipinge gli junkies come esseri diabolici degni di essere sterminati.
Antonia Bird è vegetariana, e si capisce dal film. Mangiare e sopravvivere o mantenere dignità umana e morire? Perché in fondo: “Tu sei quello che mangi.” 

Nessun commento:

Posta un commento