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giovedì 27 dicembre 2018

Il ‘68 … Capodanno alla Bussola di Viareggio (Capitolo LII)


Il 31 dicembre 1968, in occasione del veglione di Capodanno nel noto locale della Versilia “La Bussola”, Il Potere Operaio pisano e il movimento studentesco organizzano una manifestazione per contestare un’ostentazione di ricchezza che viene percepito come uno schiaffo alle condizioni di vita della grande maggioranza dei cittadini. Per lo stesso motivo, poche settimane prima, il 7 dicembre, erano state lanciate, dagli studenti, uova e vernice sulle pellicce delle signore che si accingevano ad assistere alla prima della Scala, a Milano.
La Versilia è uno dei luoghi preferiti dalla media borghesia per trascorrere periodi di vacanze o festeggiare ricorrenze e La Bussola, specie in quegli anni, era il locale alla moda, il più esclusivo.
Quella sera nel night di Sergio Bernardini doveva cantare Shirley Bassey. Verso le 21,30, i primi scontri. Signore impellicciate e uomini elegantissimi si avvicinano all'entrata del locale. Da dietro le siepi vicino al night parte un lancio di uova, ortaggi, sacchetti di plastica pieni d'acqua, vernice fresca e - racconta qualcuno - anche escrementi. Insulti e grida si uniscono in un coro minaccioso. Particolarmente prese di mira le signore, fatte segno di insulti sanguinosi, di sberleffi, a schizzi di vernice rossa indelebile diretti a rovinare le pellicce di visone, di astrakan, di leopardo, di zibellino. Man mano che i minuti passavano la situazione diventò sempre meno controllabile per le forze di polizia e per i carabinieri affluiti in massa sul luogo dello scontro. Il bilancio fu pesante. Decine le jeep e le autoblindo incendiate, centinaia le macchine rovesciate e distrutte, mentre dalle barricate erette sulla litoranea che da Viareggio conduce a Marina di Massa, venivano lanciati oggetti contundenti. Un militante di "Rosso e Nero" descrisse così la situazione ad un cronista dell' Espresso: "Fino alle dieci e un quarto noi non abbiamo fatto altro che tirare uova e pomodori. Il putiferio è scoppiato quando un maresciallo dei carabinieri ha detto a un fotografo di avvicinarsi e di scattare delle foto. Ai primi lanci del flash, gli siamo saltati addosso per sequestrargli la pellicola. Allora c' è stata la prima carica della polizia, senza nemmeno l' avviso dei tre squilli di tromba”. È la contestazione, annunciata da giorni con manifesti e volantini distribuiti da Livorno a Sarzana e La Spezia. In prima fila, tra ragazzi di mezza Toscana e Liguria ci sono i carraresi. La manifestazione è preparata da tempo. Ma anche le forze dell'ordine sono mobilitate da giorni. Sul lungomare affluiscono in forza reparti della celere e carabinieri. Il San Silvestro si trasforma in guerriglia. Cariche
della polizia, auto rovesciate, pattini e barche che diventano muri di barricate. Da una parte si lanciano lacrimogeni, dall'altra si risponde con pietre e bulloni. Ma c'è anche chi spara e non in alto. Soriano Ceccanti, allora 17 anni, studente di Putignano (Pisa), viene colpito, da un proiettile esploso dalle forze dell'ordine. Rimarrà sulla sedia a rotelle per tutta la vita, con gli arti inferiori paralizzati. Il bilancio del Capodanno deve contare anche un'altra vittima: un albergatore della zona, stroncato da un infarto. Una dozzina i feriti, 55 i fermati, molti di essi sono carraresi. I protagonisti La contestazione al veglione era stata organizzata da Potere Operaio di Pisa, alla guida dei manifestanti c'era Adriano Sofri. Assieme a lui Giorgio Pietrostefani, Ivan Della Mea, Gian Mario Cazzaniga, Roberto Briglia, «capi» e fondatori di P.O., che dopo poco tempo avrebbero dato vita a Lotta Continua. Ma tanti, dicevamo, erano i carraresi: i giovani anarchici di «Rosso e Nero», i marxisti del circolo «Che Guevara», molti studenti medi reduci dalle prime occupazioni delle scuole. Diciassette di loro vennero sottoposti a fermo di polizia, con l'accusa di adunata sediziosa e lancio di pietre. Restarono in carcere diversi giorni. 

Il linguaggio della menzogna

I giornali, la radio, la televisione sono i veicoli più grossolani della menzogna, non solo perché allontanano dai veri problemi, dal “come vivere meglio?” che si pone concretamente ogni giorno, ma perché costringono gli individui ad identificarsi con immagini ben fatte, a porsi astrattamente al posto di un capo di stato, di una vedette, di un assassino, di una vittima, a reagire come altro da sé. Le immagini che ci dominano sono il trionfo di tutto ciò che non siamo e di tutto ciò che ci allontana da noi stessi; di ciò che ci trasforma in oggetti destinati unicamente ad essere classificati, etichettati, gerarchizzati secondo i parametri del sistema della merce universalizzata.
Esiste un linguaggio al servizio del potere gerarchico. Esso non alligna solamente nell’informazione, nella pubblicità, nel senso comune, nelle abitudini, nei gesti condizionati, ma è presente anche in tutti i discorsi che non preparano la rivoluzione della vita quotidiana, in tutti i discorsi che non sono posti al servizio dei nostri piaceri.
Il sistema mercantile impone le sue rappresentazioni, le sue immagini, il suo senso, il suo linguaggio. Questo tutte le volte che si lavora per lui, quindi per la maggior parte del tempo. L’insieme di idee, di immagini di identificazioni, di condotte determinate dalla necessità di accumulazione e di riproduzione della merce costituisce lo spettacolo in cui ciascuno recita ciò che non vive realmente e vive falsamente ciò che non è. Perciò il ruolo è una menzogna vivente, e la sopravvivenza una maledizione senza fine.
Lo spettacolo (ideologie, cultura, arte, ruoli, immagini, rappresentazioni, parole-merci) è l’insieme delle condotte sociali mediante le quali gli uomini entrano a far parte del sistema mercantile. Partecipare questa farsa significa rinunciare a se stessi, ridursi a meri oggetti di sopravvivenza (merci), e rinviare per l’eternità il piacere di vivere concretamente per se stessi e di costruire liberamente la propria vita quotidiana.
Noi siamo per una società dove il diritto di comunicazione reale apparterrà a tutti, dove ognuno potrà far conoscere i propri desideri e i propri interessi avendo a sua completa disposizione tutte le tecniche (stampa, telecomunicazioni, internet …), dove la costruzione di una vita appassionante eliminerà per sempre la necessità dei ruoli e la costrizione di dover dare maggior importanza all’apparenza piuttosto che al vissuto autentico. 

L’uomo fa parte della natura

L'uomo corazzato, bloccato nella sua rigidità meccanicista, produce dei pensieri meccanicisti, crea degli utensili meccanicisti e si fa un'idea meccanicista della natura. L'uomo corazzato che nonostante la rigidità biologica sente, senza comprenderle, le emozioni orgonotiche del proprio corpo, è un mistico. Non si interessa alle cose materiali ma a quelle spirituali. Elabora un'ideologia mistica, soprannaturale della natura.
L'uomo meccanicista e l'uomo mistico si muovono entrambi all'interno dei limiti e delle leggi mentali della loro civiltà piazzata sotto il segno di un confuso mescolarsi di macchine e di entità divine.
Non nego affatto l'esistenza di una vita psicologica inconscia perversa. Ai miei occhi, tuttavia, l'uomo fa parte del resto della natura. per questo la sua cattiveria s'integra in un sistema funzionale più vasto. Come tutte le altre funzioni più naturali, questo sistema ha un origine, una ragione, un fine. Poco importa sapere se l'uomo è profondamente buono o cattivo. La teologia morale non fa parte dei nostri obiettivi. Ci interessa, invece, il posto dell'uomo con le sue pulsioni buone e cattive nella natura tutta intera di cui esso è un frammento. 
Quel che ci anima è il desiderio di conoscere le particolarità della regione nella quale contiamo montare le nostre tende scientifiche.                

giovedì 20 dicembre 2018

Il ’68 … Dicembre 1968 cinquant’anni fa (Capitolo LI)

02 – Due braccianti uccisi ad Avola, nel Siracusano, nel corso di uno scontro con la polizia.
04 – Seconda giornata di protesta dei medi romani: di nuovo in piazza decine di migliaia di studenti. A Napoli i fascisti attaccano due scuole occupate e la facoltà di Architettura.
05 – Sciopero generale nel Lazio. Gli studenti aderiscono alla manifestazione sindacale di piazza San Giovanni, al termine della quale fanno partire un enorme corteo fino all’università. Per la prima volta sfilano i maoisti dell’Unione dei comunisti italiani (m-l).
06 – In lotta, oltre agli studenti medi, anche molte facoltà. A Roma, dove sono occupate 4 scuole e le facoltà di Fisica e Chimica, viene occupata anche Ingegneria. Proteste contro gli attacchi fascisti a Napoli. La polizia sgombra Magistero a Firenze.
07 – Dilagano le occupazioni di istituti medi. A Genova cariche della celere contro un corteo studentesco.
08 – Anche i portuali e gli operai di Genova prendono posizione contro le cariche del giorno prima e a favore del movimento studentesco.
09 – Gli studenti del Parini di Milano occupano l’istituto. Riprende l’agitazione anche nelle università milanesi. A Genova la polizia sgombra Fisica.
10 – Dopo lo sgombro del liceo artistico, studenti e operai di Genova manifestano insieme contro la repressione e vengono caricati dalla polizia. A Pisa occupata la Sapienza. Serrata al Mamiani di Roma dopo un’assemblea non autorizzata.
11 – Sciopero dei portuali e manifestazione operai e studenti a Genova. Gli studenti pisani liberano la Sapienza: restano occupate 5 facoltà. Sgombrato dalla polizia e chiuso a tempo indeterminato il Mamiani. Occupate tutte le scuole di Massa e Carrara.
13 – Cinque giorni di sospensione a 200 studenti per l’occupazione del Mamiani. Gli organizzatori sospesi per 15 giorni.
14 – Riapre il Mamiani: l’entrata è sorvegliata dalla polizia, il vicequestore filtra l’ingresso dirottando verso il commissariato 14 studenti.
15 – L’assemblea generale degli studenti romani indice una settimana di lotta contro la repressione al Mamiani.
16 – Lezione all’interno degli istituti di Massa e Carrara. Molti professori solidali con gli occupanti. A Roma la polizia sgombra l’istituto tecnico Cine-TV.
17 –Il nuovo ministro della pubblica istruzione Sullo interviene all’assemblea del Mamiani e promette mediazione e disponibilità sulle richieste degli studenti.
18 – Sciopero di mezz’ora al porto di Livorno per solidarietà con gli studenti, dopo lo sgombro di una scuola occupata. In giornata occupati tutti gli istituti medi della città. A Pisa una scuola sgombrata dalla polizia è rioccupata poche ore più tardi.
20 – Manifestazione di studenti medi romani caricata e sciolta dalla polizia in piazza Santa Maria Maggiore.
21 – Molte scuole in lotta decidono di non sospendere l’occupazione durante le vacanze di natale. In sciopero le commesse dei grandi magazzini di tutto il paese. A Padova i loro picchetti vengono caricati dalla polizia.
22 – Secondo giorno di sciopero delle commesse che vengono caricate dalla polizia in molte città. Particolarmente dure le cariche contro i picchetti a Sassari.
23 – Sciopero generale per protesta contro l’aggressione delle commesse a Sassari. Gli scioperanti formano picchetti di massa di fronte ai grandi magazzini e impongono la chiusura per tutto il giorno. 
29 – La polizia sgombra due scuole occupate da metà dicembre a Salerno. Ancora occupate 5 scuole a Massa e Carrara.
31 – Manifestazione di protesta organizzata dagli studenti di Pisa di fronte al locale La Bussola, in Versilia.
   

Giocare un ruolo

Nella vita quotidiana, come sui palcoscenici più in vista, gli esseri umani si comportano quasi sempre come mistificatori, che gongolano la loro importanza e pervengono, in questo modo, appunto, a «giocare un ruolo». Il gioco è a volte grossolano, a volte di un'estrema finezza; e d'altronde un tale gioco impegna, compromette; è serio. I ruoli debbono essere conservati sino alla fine; non sono ruoli puri, che l'attore può abbandonare quando ne è stanco o quando avverte di recitare male. Il ruolo prolunga la realtà, ed è pertanto reale; il giuoco esplora il possibile; la commedia non esclude, in astratto, la sincerità; di più, la suppone e le aggiunge anche qualcosa; qualcosa di reale: la coscienza d'una situazione, di un'azione, d'un effetto da ottenere.
E' precisamente così che la vita quotidiana somiglia a un teatro, e che il teatro può riassumere, condensare, «rappresentare» la vita per degli spettatori reali.  (Henri Lefebvre)

MIA PICCOLA CARA di Pier Felice Castrale

Mia piccola cara 
timida canzone della notte
ritaglio secco
come luna azzurra
alla finestra
è bello avere
un amore
senza poliziotti moralisti
a cucirmi le camice
che stupiscono gli altri 
ma feriscono me
una cicala
con barba di vento
stenta a raccogliersi in sorriso
per l'uomo di strada
proprio lui calata lì
che s'è redento
e circola
- maneggione di pianeti -
parlando spagnolo. 

giovedì 13 dicembre 2018

Il ’68 … Novembre 1968 cinquant’anni fa (Capitolo L)

01 – Occupato a Palermo il liceo Cannizzaro dopo lo sgombro da parte della polizia dell’istituto tecnico Parlatore. In agitazione tutti i licei della città.
03 – Saragat in visita a Trieste. Manifestazione del movimento studentesco a cui si aggiungono molti militanti della facoltà di Sociologia di Trento. Gli studenti tentano di bloccare il corteo presidenziale ma vengono caricati dalla polizia.
04 – Dopo 4 giorni di sciopero, il preside dell’istituto tecnico romano Bernini annuncia alle famiglie misure disciplinari in caso di nuove assenze. A Roma i tecnici guidano le lotte dei medi e il Bernini è la situazione più avanzata.
05 – Sciopero generale degli studenti medi a Palermo. 10.000 in corteo contro la repressione e l’autoritarismo nelle scuole.
06 – Ancora sciopero e corteo cittadino dei medi a Palermo. A Roma il prof. Romeo sospende gli esami di Storia moderna affermando di essere stato aggredito da un gruppo di studenti che chiedeva un appello d’esami straordinario.
10 – Una manifestazione dei medi interrompe il concorso ippico a Palermo.
11- Vari istituti in lotta a Roma, dove viene occupato Magistero. A Bologna la celere sgombra violentemente l’Istituto magistrale occupato Albini. Nel pomeriggio affollatissima assemblea all’università. 
12 – Vari cortei di medi sfilano per Roma e confluiscono al Magistero occupata. Proteste contro la repressione a Bologna e Pistoia.
13 – Mentre i medi sfilano in corteo a Bologna, la polizia sgombra l’istituto tecnico Belluzzi. Gli studenti rispondono occupando una scuola magistrale e convocando un assemblea generale a Fisica. A Milano in agitazione il liceo Berchet e la Cattolica.
14 – Sciopero generale nazionale per la riforma delle pensioni. Scontri a Firenze al termine del corteo sindacale, a cui aderisce il movimento, 6 arresti. A Rimini 44 mandati di comparizione per l’occupazione di un liceo. Cariche anche a Reggio Calabria.
15 – Gli studenti del tecnico bolognese Belluzzi rioccupano la scuola, riaperta dopo l’intervento della polizia. A Milano occupata la facoltà di Magistero della Cattolica. Cortei e sit-in a Bologna, Napoli, Reggio Calabria, Torino, Brescia, Palermo, Verona.
16 – Cariche contro cortei dei medi a Firenze, Forlì e Milano. In tutta Italia scuole in agitazione. A Genova il movimento impedisce una conferenza stampa del Fuan.
17 – Il preside del liceo Plinio di Roma insiste con le sospensioni di studenti capelloni e con il rifiuto di concedere l’assemblea. Occupato l’istituto.
18 – Cariche contro corteo dei medi a Forlì. Manifestazioni anche a Cagliari, dove è occupata Chimica. Gli studenti del Politecnico milanese occupano Ingegneria.
19 – Sciopero generale degli statali. 8.000 studenti in corteo a Torino. La polizia impedisce agli occupanti dell’Avogadro di unirsi al corteo e carica la manifestazione che passa davanti all’istituto. Un arresto. Nel pomeriggio viene occupato il Liceo Artistico.
20 – Nuovo sciopero dei medi a Torino. 10.000 studenti, dopo un corteo, si riuniscono di fronte ad Architettura dove vengono dispersi dalla polizia. Nuovo corteo fino alla questura mentre gli universitari occupano la facoltà.
21 – Per il terzo giorno consecutivo i medi di Torino manifestano per le strade, stavolta sotto il provveditorato. Manifestazione anche a Firenze per la scarcerazione di 6 arrestati il 14.
22 – Assemblea permanente al Politecnico di Torino, dove confluiscono 15.000 studenti medi in sciopero. A Napoli un corteo di studenti dei tecnici si scontra con i fascisti e poi viene caricato dalla polizia.
23 – Sciopero generale dei medi a Torino. A Roma il preside del Plinio va in congedo e gli studenti interrompono l’occupazione. Dopo 2 settimane di lotta continua in molte scuole è stato ottenuto il riconoscimento dell’assemblea.
24 – A Roma gli studenti del Verrazzano occupano la scuola ma interrompono l’occupazione di fronte alla minaccia di far intervenire la polizia.
25 – Estesa a tutto il Politecnico di Milano l’occupazione. Scioperi nelle scuole. A Torino una giornata di agitazione e assemblee nelle singole scuole.
26 – Una circolare ministeriale nega di fatto il diritto d’assemblea. In sciopero il Parini di Milano. Cariche a Terni, Urbino e Ravenna.
27 – A Urbino il preside del Raffaello chiude la scuola appena sgombrata volontariamente dagli studenti e la fa presidiare dalla polizia. In molte città proteste dei medi e cariche della polizia.
28 – Dopo lo sgombro dei licei Einstein e Beccaria occiupati, 10.000 medi manifestano a Milano. Un corteo di universitari e fuori sede occupa l’albergo Commercio, in demolizione.
29 – Corteo degli studenti dei tecnici a Roma. Al termine assemblea alla Città universitaria.
30 – In lotta gli studenti universitari di tutte le facoltà romane. A Magistero il consiglio di facoltà decide di sospendere le attività didattiche per solidarietà con gli studenti in lotta e il preside, non approvando la decisione si dimette.    

Un buco vero Antonin Artaud

Ho un cuore di parole che non è un’anima imperfetta ma una volontà,
una volontà che vuole venire al mondo per apprezzare l’aria e il fuoco,
e non per tacere la manifestazione del vuoto intorno a me.
La poesia e questo fatto di creare un vaglio per la crusca
delle parole, e che sa molto di costernazione, devo dirlo, dal momento che si setaccia con le parole anche la storia di tutte le sporche dicerie sull’uomo.
E cosa sarebbe l’uomo,
se non un crimine contro la sua stessa natura?
L’ombra mi dice anche questo,
e non sento nient’altro che una sillabazione continua di vecchi errori da parte di chi non agisce.
Inoltre, voglio che si masturbi la minima parola finché non esca al culo,
perché cosi si prepara nuovamente l’idea dell’insurrezione del corpo nella società e in qualsiasi idea normale dell’uomo,
in quanto l’uomo non e normale,
non essendo un intestino finito,
ma un buco,
un buco vero,
aperto sulla sconfitta dello spazio e del sollievo trasparente.
(Tratto da Cahiers de Rodez)

Giuseppe Pinelli e la questura di Milano

Testimonianza di Pasquale Valitutti
Io sottoscritto Pasquale Valitutti dichiaro che: giunto in questura all'ufficio politico verso le ore 11 di sabato 13 dicembre, sono rimasto due o tre ore in sala d'attesa. Spostato quindi nel salone seguente quello dove vi è la macchina del caffè ho visto Pinelli seduto vicino ad Eliane Vincileone. 
In seguito, da informazioni datemi da Sergio Ardau e dallo stesso Pinelli ho saputo che Pinelli era stato fermato venerdì sera e interrogato lungamente nella stessa serata di venerdì. Nella notte di venerdì non aveva dormito. Pinelli mi è parso seccato e stanco, ma in condizioni normali. Mi ha parlato del suo alibi e mi è apparso sicuro. Più tardi gli è stata fatta una sfuriata da parte di un agente, che saprei riconoscere, perché aveva gettato della cenere per terra (numerosi i testimoni) e lui si è chinato a raccoglierla. 
Più tardi, a sera inoltrata, per ordine di Calabresi siamo stati divisi nella stanza in tavoli diversi, mentre Pinelli e Moi sono stati fatti mettere nella stanza del caffè.
Verso le 24 sono stati fatti andare via tutti gli altri e siamo rimasti io, l'Eliane e Lorenzo. In seguito io e Lorenzo siamo stati portati in cella di sicurezza: non ho più visto Pinelli fino alla domenica dopo pranzo, mi ha detto che lo avevano interrogato la notte di sabato e fatto riposare qualche ora in camera di sicurezza nella giornata di domenica. Nel frattempo io ero stato interrogato e mi avevano portato nel mio abbaino per una perquisizione. Domenica pomeriggio ho parlato con Pino e con Eliane e Pino mi ha detto che facevano difficoltà per il suo alibi, del quale si mostrava sicurissimo. Mi ha anche detto di sentirsi perseguitato da Calabresi e che aveva paura di perdere il posto alle ferrovie. Verso sera un funzionario si è arrabbiato perché parlavo con gli altri e mi ha fatto mettere nella segreteria che è adiacente all'ufficio del Pagnozzi: ho avuto occasione di cogliere alcuni brani degli ordini che Pagnozzi lasciava ai suoi inferiori per la notte. Dai brani colti posso affermare che ha detto di riservare al Pinelli un trattamento speciale, di non farlo dormire e di tenerlo sotto pressione tutta la notte. Di notte il Pinelli è stato portato in un'altra stanza e la mattina mi ha detto di essere molto stanco, che non lo avevano fatto dormire e che continuavano a ripetergli che il suo alibi era falso. Mi è parso molto amareggiato. Siamo rimasti tutti il giorno nella stessa stanza, quella del caffè e abbiamo potuto scambiare solo alcune frasi, comunque molto signicative. Io gli ho detto: "Pino, perché ce l'hanno con noi?" e lui molto amareggiato mi ha detto: "Si, ce l'hanno con me". Sempre nella serata di lunedì gli ho chiesto se avesse firmato dei verbali e lui mi ha detto di no. Verso le otto è stato portato via e quando ho chiesto ad una guarda dove fosse mi ha risposto che era andato a casa. Io pensavo che stesse per toccare a me di subire l'interrogatorio, certamente il più pesante di quelli avvenuti fino ad allora: avevo questa precisa impressione.
Dopo un po', penso verso le 11.30, ho sentito dei rumori sospetti come di una rissa e ho pensato che Pinelli fosse ancora li e che lo stessero picchiando. Dopo un po' di tempo c'è stato il cambio di guardia, cioè la sostituzione del piantone di turno fino a mezzanotte. Poco dopo ho sentito come delle sedie smosse ed ho visto gente che correva nel corridoio verso l'uscita, gridando "si è gettato". Alle mie domande hanno risposto che si era gettato il Pinelli; mi hanno anche detto che hanno cercato di trattenerlo ma non vi sono riusciti. Calabresi mi ha detto che stavano parlando scherzosamente del Pietro Valpreda, facendomi chiaramente capire che era nella stanza nel momento in cui Pinelli cascò. Inoltre mi hanno detto che Pinelli era un delinquente, aveva le mani in pasta dappertutto e sapeva molte cose degli attentati del 25 aprile. Queste cose mi sono state dette da Panessa e Calabresi mentre altri poliziotti mi tenevano fermo su una sedia pochi minuti dopo il fatto di Pinelli. Specifico inoltre che dalla posizione in cui mi trovavo potevo vedere con chiarezza il pezzo di corridoio che Calabresi avrebbe dovuto necessariamente percorrere per recarsi nello studio del dottor Allegra e che nei minuti precedenti il fatto Calabresi non è assolutamente passato per quel pezzo di corridoio.

giovedì 6 dicembre 2018

Il 68’… LC e la sinistra extraparlamentare (Capitolo XLIX)

Nell’autunno del 1968 l’ondata studentesca iniziata nel novembre 1967 con le occupazioni di Palazzo Campana a Torino, dell'Università Cattolica a Milano e della facoltà di Sociologia a Trento, ha ormai esaurito la sua carica dirompente, movimentista e spontaneista. Gli studenti abbandonano gradualmente la lotta contro l'autoritarismo accademico per avvicinarsi alle lotte operaie, sull'esempio del "maggio francese". In Italia, infatti, le prime lotte alla FIAT, alla Marzotto di Valdagno, alla Pirelli di Porto Marghera hanno aperto un nuovo ciclo di conflittualità operaia, un'esperienza che sarà definita "maggio strisciante"; con questo termine si mette in luce la possibilità che in Italia si realizzi quella unione operai-studenti naufragata in Francia. Il movimento del '68 si divide in molte esperienze diverse; nascono i gruppi della sinistra extraparlamentare come Avanguardia Operaia (AO), Potere Operaio (PO), Unione dei Comunisti marxisti-leninisti (m-l), il Manifesto, tutti accomunati dall'idea che bisogna uscire dallo studentismo ed estendere concetti come l'antiautoritarismo e il rifiuto della delega ad altri strati della società, soprattutto alla classe operaia, nella consapevolezza di essere tutti soggetti sfruttati dal sistema capitalista. Anche se gli unici veramente antiautoritari senza Stato e padroni sono gli anarchici.
Lotta Continua (LC) nasce facendo propri gli elementi di rottura presenti nel ciclo di lotte '67-'69, assorbendone le spinte più radicali e ponendosi come alternativa, nella guida delle lotte operaie, alle organizzazioni storiche del movimento operaio (in particolare al Partito Comunista Italiano [PCI] e ai sindacati).
Nel gruppo di LC, certamente il più interessante tra i gruppi della nuova sinistra per "capacità di aggregazione e per aggressività politica", confluiscono varie esperienze: il movimento studentesco torinese nato dall'esperienza di Palazzo Campana, di cui fanno parte Guido Viale, Luigi Bobbio ed Enrico Deaglio; gli studenti di Sociologia a Trento come Mauro Rostagno e Marco Boato; i militanti del Potere Operaio toscano come Adriano Sofri, Paolo Brogi, Clemente Manenti, Giorgio Pietrostefani, e studenti della Normale di Pisa come Lanfranco Bolis. Di tutte queste componenti l’esperienza operaista del Potere Operaio toscano è la struttura portante di LC, i cui quadri costituiranno il gruppo dirigente dell'organizzazione: fondato nell'inverno 1966-'67 da alcuni ex militanti del PCI che fanno intervento politico nelle fabbriche di Massa, di Piombino e Livorno insieme a Quaderni Rossi e Classe Operaia, entrerà in crisi dopo i fatti della Bussola. Uno dei suoi leader è Adriano Sofri ex militante del PCI, espulso dalla cellula universitaria del partito.
Il Potere Operaio toscano contrappone la lotta contrattuale gestita dai sindacati alla lotta autonoma gestita dagli operai secondo i loro bisogni più diretti; la lotta continua contro le vertenze istituzionalizzate, l'intervento politico davanti ai cancelli delle fabbriche è costante con volantinaggi, discussioni nei bar frequentati da operai, campagne di lotta per bisogni primari nei quartieri proletari.
Tuttavia LC eredita anche i contenuti del movimento studentesco del'68 come l'antimperialismo: attraverso le mobilitazioni antimperialiste per il Vietnam era cresciuta fra i giovani l'opposizione alla sinistra storica; la lotta armata del popolo vietnamita contro il gigante americano riproponeva il problema della rivoluzione alla quale i partiti comunisti dell'occidente, in nome della coesistenza pacifica e della via democratica al socialismo, avevano rinunciato. Ma anche altri temi come l'esaltazione della violenza, sull'esempio delle rivolte del Black Power nei ghetti neri americani, lo spontaneismo, l’antagonismo di classe, l’antiautoritarismo e l’allargamento della lotta studentesca alle lotte sociali troveranno posto nella teoria e nelle forme organizzative di LC.

SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA di Marco Bellocchio

Un filmato d’epoca costituisce l’incipit. In una Milano ombrosa, un giovane e determinato Ignazio La Russa, con alle spalle il Castello Sforzesco, arringa il popolo della variegata destra del tempo contro la minaccia del comunismo. A seguire i funerali di Giangiacomo Feltrinelli e gli slogan che promettevano vendetta per la sua morte. Le immagini di guerriglia urbana che seguono si chiudono con la transizione dalla cronaca alla realtà filmica e con l’assalto alla redazione di Il Giornale (nulla a che vedere con la testata fondata da Indro Montanelli due anni dopo l’uscita del film). Siamo nel 1972, all’inizio degli anni di piombo. La corruzione degli organi statali, la disoccupazione alle stelle, la mistificazione della stampa e la violenza della polizia nei confronti degli studenti manifestanti hanno raggiunto ormai un livello mai visto prima. Ragion per cui, l’8 marzo, un gruppo di ragazzi che manifesta contro lo Stato e la polizia per l’uccisione di un “compagno”, tende un agguato alla sede del “Giornale”, noto quotidiano di destra. I danni sono risibili, ma il “Giornale” ne approfitta per screditare la sinistra agli occhi della pubblica opinione.
Nella redazione senza una donna, di questo giornale reazionario quanto basta (in linea con un potere che provava a tenere buone le anime delle opposte tendenze), lavora Giancarlo Bizanti un demoniaco e cinico Gian Maria Volontè, che difende i valori di una borghesia (termine in voga ai tempi) perbenista, ipocrita e soprattutto mediocre. Il suo odio verso ogni contestazione e soprattutto nei confronti dei comunisti potrà trovare adeguato sfogo quando l’omicidio di una studentessa di buona famiglia scuote gli animi dell’opinione pubblica. La possibilità che l’omicida sia Mario, un rivoluzionario comunista, lo spinge a fabbricare il colpevole con la connivenza della Polizia. L’astuto Bizanti strumentalizza una solitaria anarchica, Rita Zigai (Laura Betti), perdutamente innamorata del giovane Mario. Il colpevole è pronto per l’uso e tutto serve a seppellire la verità che diventa un fatto personale che resterà nella gestione esclusiva dello sprezzante giornalista che avrà raggiunto lo scopo di demonizzare la protesta.
Nell’ultima scena del film, Bizanti e Montelli (il padrone del quotidiano) in un colloquio privato, decidono di insabbiare la notizia del vero assassino di Maria Grazia almeno fino a quando saranno finite le elezioni, in modo da continuare ad attaccare in modo arbitrario la sinistra extraparlamentare con la finta accusa rivolta a Boni. Gli ultimi secondi del film vedono un rigagnolo di acqua pieno di spazzatura che avanza lento all’interno del Naviglio, fino a riempirlo interamente: è la metafora del marcio che sta avanzando all’interno della vita politica, della stampa, delle istituzioni italiane negli anni Settanta.
In quegli anni si parlava di manipolazione dell’informazione e spettava alla cosiddetta controinformazione reagire con una capillare rete di diffusione di informazioni differenti, garanzia di una certa verità, che era tanto capillare da trovarsi spesso in una strada senza uscita. Nel senso che non riusciva a raggiungere nessuno o al più quelli già sensibili ai temi.
L’intento critico di Sbatti il Mostro in Prima Pagina è ovviamente fortissimo. Sin dal titolo si comprende quale sia l’accusa che Bellocchio fa alla stampa schierata dalla parte della fazione conservatrice: ovvero, l’accusa di mistificazione della realtà e di manipolazione delle notizie al servizio della fazione che supportano, allo scopo di spostare i voti delle masse da una parte all’altra dell’elettorato. Il “mostro” da sbattere in prima pagina non è nessuno in particolare, ma semplicemente il capro espiatorio che in un dato momento appare utile per raggiungere tale scopo di mistificazione: nel film, il “mostro” da sbattere in prima pagina diventa guarda caso Mario Boni, esponente di spicco della sinistra extraparlamentare, accusato dal nulla di omicidio. 
Questo film, nonostante gli anni, costituisce un’utile riflessione sull’utilizzo della stampa in rapporto ad ogni reale o presunta verità. All’epoca, quando l’informazione era detenuta in poche e controllate mani, era molto più semplice tacere la verità e fornire una compiacente versione dei fatti o peggio determinarne il corso. Oggi, con l’avvento della rete e di un giornalismo sicuramente meno compiacente, tutto è mutato, l’emergere della verità è più frequente, ma resta comunque il problema. La rete non ci mette del tutto al riparo da una mistificazione del vero e da una sua artificiosa costruzione, anzi …



GRUPPI ANARCHICI DI AZIONE PROLETARIA (GAAP)

Un regime di larga democrazia, pur senza farci alcuna illusione circa la sua portata e il suo significato sociale, costituisce attualmente in Italia la sola garanzia possibile contro l'instaurazione di un regime dittatoriale e totalitario da chiunque postulato. Il Movimento Libertario non può quindi restare indifferente di fronte alla realizzazione o meno di un tale regime in italia, né può astenersi dal partecipare con tutte le sue forze e in ogni forma possibile alla difesa e al consolidamento delle libertà di fatto finora acquisite. 
Si schiuderanno allora nuove possibilità alla lotta di liberazione degli oppressi dei vinti degli sfruttati di tutta la terra. Compito del Movimento Libertario è di trovarsi in condizioni, quando queste circostanze si presenteranno, di assolvere  con le maggiori probabilità di successo la sua funzione rivoluzionaria.
Compito prerivoluzionario del Movimento Libertario in Italia è oggi di cooperare alla instaurazione e al consolidamento di un regime di democrazia largamente decentrata con la realizzazione delle maggiori libertà possibili.
(Congresso Nazionale - Carrara Settembre 1945)

giovedì 29 novembre 2018

Il 68’ … Il 2 dicembre 1968 ad Avola (Capitolo XLVIII)

Volantino sui fatti di Avola 1968
NON DOVETE STUPIRVI DI QUELLO CHE STIAMO FACENDO! Da oggi in avanti non dovete stupirvi più se quando vi recherete alla Rinascente, all' Upim, nelle gioiellerie, nei negozi alla moda, noterete la nostra presenza sempre più importuna, né dovete infastidirvi se rimarrete nelle vostre automobili bloccati a causa delle nostre fastidiose manifestazioni. Come d'altra parte non vi siete stupiti né infastiditi quando, aprendo il giornale, avete letto che due braccianti siciliani sono stati uccisi dalla polizia che voi mantenete, perché rivendicavano 250 lire in più al giorno. NON AVETE NEANCHE PENSATO CHE UNA VITA IN ITALIA OGGI VALE 125 LIRE: la millesima parte di quanto voi oggi spendete per i vostri grotteschi divertimenti natalizi. E dovete scusarci se non usiamo i vostri metodi signorili. I NOSTRI SONO ANCORA MOLTO LONTANI DA QUELLI CHE AVETE USATO AD AVOLA, MA STATE TRANQUILLI CHE CI ARRIVEREMO. Oggi disturbiamo solo un po’ la vostra bovina tranquillità con della vernice rossa. Ma uno di questi giorni qualcuno di noi si accenderà una sigaretta e lascerà cadere il cerino distrattamente in uno dei vostri negozi alla moda, in cui state facendo le compere. E NON PENSATE DI NON ESSERE I COMPLICI DEGLI ASSASSINI DI AVOLA! Sono proprio i soldi negati ai braccianti di Avola, che vi permettono oggi di ubriacarvi nell' orgia dei vostri consumi.
IL MOVIMENTO STUDENTESCO - 1968
(Il 2 dicembre 1968 ad Avola, in provincia di Siracusa, una manifestazione a sostegno della lotta dei braccianti per il rinnovo  del contratto di lavoro finisce nel sangue: la polizia apre il fuoco e due lavoratori – Giuseppe Scibilia, di 47 anni, e Angelo Sigona, di 25 – vengono uccisi. Quarantotto i feriti, di cui due gravi.
Al ventesimo chilometro della statale 115, quasi alle porte di Avola, non si passa più. Bisogna scendere dalla macchina e proseguire a piedi verso il grosso borgo che si intravede poco al di là della curva, quasi di fronte al mare. È difficile mantenersi in equilibrio sull’asfalto di pietre e di bossoli. È uno spettacolo desolante; si ha la precisa sensazione che qui, per diverse ore, si è svolta un’accanita battaglia. In fondo al rettilineo la strada è parzialmente ostruita dalle carcasse ancora fumanti di due automezzi della polizia dati alle fiamme. Sull’asfalto, qua e là, delle chiazze di sangue rappreso. Anche un autotreno, messo di traverso dagli operai in sciopero per bloccare la strada, è sforacchiato dai colpi e annerito dal fuoco. Proprio come una R4 e una decina di motociclette dei braccianti sui cui serbatoi i poliziotti hanno sparato per impedirgli di andarsene).

Dada, la poetica del caso

Il Dadaismo è un movimento artistico che nasce in Svizzera, a Zurigo, nel 1916. La situazione storica in cui il movimento ha origine è quello della Prima Guerra Mondiale, con un gruppo di intellettuali europei che si rifugiano in Svizzera per sfuggire alla guerra. Questo gruppo è formato da Hans Arp, Tristan Tzara, Marcel Janco, Richard Huelsenbeck, Hans Richter, e il loro esordio ufficiale viene fissato al 5 febbraio 1916, giorno in cui fu inaugurato il Cabaret Voltaire fondato dal regista teatrale Hugo Ball. Alcuni di loro sono tedeschi, come il pittore e scultore Hans Arp, altri rumeni, come il poeta e scrittore Tristan Tzara o l’architetto Marcel Janco. Il movimento, dopo il suo esordio a Zurigo, si diffonde ben presto in Europa, soprattutto in Germania e quindi a Parigi. Benché il dadaismo sia un movimento ben circoscritto e definito in area europea, vi è la tendenza di far ricadere nel medesimo ambito anche alcune esperienze artistiche che, negli stessi anni, ebbero luogo a New York negli Stati Uniti. L'esperienza dadaista americana nasce dall'incontro di alcune notevoli personalità artistiche: il pittore francese Marcel Duchamp, il pittore e fotografo americano Man Ray, il pittore franco-spagnolo Francis Picabia e il gallerista americano Alfred Stieglitz.
La poetica del caso rifiuta ogni atteggiamento razionale, e per poter continuare a produrre opere d’arte si affida ad un meccanismo ben preciso: la casualità. Il "caso", in seguito, troverà diverse applicazioni in arte: lo useranno sia i surrealisti, per far emergere l’inconscio umano, sia gli espressionisti astratti, per giungere a nuove rappresentazioni del caos, come farà Jackson Polloch con l’action painting. Tutto può essere opera d’arte se è firmato ed esposto in mostra … In un suo scritto, il poeta Tristan Tzara descrive il modo dadaista di produrre una poesia. Per fare un poema dadaista: ”Prendete un giornale. Prendete delle forbici. Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che contate di dare al vostro poema. Ritagliate l’articolo. Ritagliate quindi con cura ognuna delle parole che formano questo articolo e mettetele in un sacco. Agitate piano. Tirate fuori quindi ogni ritaglio, uno dopo l’altro, disponendoli nell’ordine in cui hanno lasciato il sacco.Copiate coscienziosamente. Il poema vi assomiglierà. Ed eccovi "uno scrittore infinitamente originale e d’una sensibilità affascinante, sebbene incompresa dall’uomo della strada".

La Strage del Diana

Il 23 marzo 1921 un gruppo di anarchici milanesi, convinto sulla base di informazioni volutamente false, di poter colpire Gasti, il questore di Milano, fa esplodere un potentissimo ordigno all’esterno del teatro Diana. L’esplosione causa ventuno morti e più di centocinquanta feriti, ma ad essa scampa l’obiettivo principale. Gli autori del gesto, da tempo esasperati per la ingiusta detenzione dei redattori del quotidiano Umanità Nova, Borghi, Malatesta e Quaglino, vogliono richiamare l’attenzione sulle condizioni di salute dei tre detenuti. Costoro, infatti, nonostante l’avanzata età di Errico Malatesta, hanno appena iniziato uno sciopero della fame ad oltranza, per protestare contro le pretestuose lungaggini dei tempi processuali. Naturalmente, invece di far nascere un qualsiasi moto di solidarietà nei confronti del vecchio anarchico e dei suoi compagni di galera, il sanguinoso attentato genera un profondo moto di orrore, che si riverbera in nuove accuse e rinnovati, durissimi, attacchi a tutto il movimento anarchico. 
Nessuno degli scopi che gli attentatori si sono prefissi viene raggiunto: la borghesia non si fa intimidire, ma diventa ancora più determinata nel combattere «la canaglia rossa»; i fascisti ne approfittano per compiere nuove e più selvagge azioni, quali la distruzione delle sedi di Umanità Nova e L’Avanti!; Malatesta e compagni restano in prigione, oppressi oltretutto da quanto avvenuto in loro nome; centinaia di persone assolutamente innocenti ci rimettono la pelle o l’integrità fisica; Gasti si fa ancora più infame e potente; il movimento anarchico viene isolato e sottoposto a feroci repressioni. Degli esecutori materiali, Giuseppe Mariani e Giuseppe Boldrini sono condannati all’ergastolo, mentre Ettore Aguggini si busca 30 anni di galera. Numerosi altri anarchici, pur estranei all’attentato, subiscono pesanti condanne che vanno dai 5 ai 18 anni. 
Di quanti furono coinvolti nella «faccenda del Diana», l’unico che ne ha scritto è Giuseppe Mariani. Nel 1953 ha infatti pubblicato un primo libro, Memorie di un ex-terrorista, seguito, l’anno successivo, da Nel mondo degli ergastoli. Colpisce leggendo quelle pagine, così cariche della tragedia che ne ha distrutto l’esistenza, non ci sia una sua parola, una sua sola parola a giustificazione di quanto commesso. Evidentemente i 27 anni trascorsi in galera, spesi nello studio e nella riflessione, avevano profondamente cambiato l’uomo, e il suo anarchismo, rimasto integro come negli anni della giovinezza, si era maturato nel rifiuto di ogni forma di gratuita violenza. 
Peppino Mariani fu graziato nel 1948, dietro l’interessamento del suo ex compagno di detenzione, e futuro presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Trasferitosi a Sestri Levante, vi aprì una libreria, che gli permise di vivere, poveramente ma con grande dignità, fino al 1974, anno in cui si spense. 
“Prima però di scendere nei particolari di quel tragico fatto ritengo necessario dire subito, anche se nelle spiegazioni successive risulterà maggiormente evidente, che senza l’arbitraria e prolungata detenzione in carcere di Errico Malatesta, l’attentato non solo non sarebbe mai stato fatto, ma neppur pensato. 
Se le nostre precedenti attività terroristiche lasciano supporre in noi una formazione mentale predisposta ad azioni del genere, abbiamo anche esplicato altre attività che dimostrano tutto il contrario: la nostra partecipazione a tutte le lotte sindacali, alle agitazioni e manifestazioni collettive e alla preparazione della rivoluzione. Nel marzo del 1921 la nostra volontà era galvanizzata non solo dal fatto particolare di Malatesta detenuto e in stato di rivolta con lo sciopero della fame, ma da tutto il fermento politico e sociale del momento di cui, si può dire, noi eravamo il prodotto e l’espressione.  Se poi le circostanze, trascendendo volontà e propositi, fanno seminare la morte dove si vorrebbe la pace, non diremo la solita frase con la quale gli storici da strapazzo hanno sempre creduto di giustificare i delitti di tutti i tiranni: “ Fate il processo alla storia ”. Ma diremo invece, come nel suo interrogatorio ebbe a dire il mio povero compagno Aggugini : “ Noi piangiamo sulle vittime del Diana, mentre voi non piangete mai su tutte le vittime che il vostro sistema sociale semina tutti i giorni a migliaia”. 
(Tratto da: Giuseppe Mariani, Memorie di un ex-terrorista, Torino, 1953.)

giovedì 22 novembre 2018

Il ’68… Hotel commercio 28 novembre 1968 (Capitolo XLVII)

28 novembre 1968. Alla fine di una grande manifestazione di migliaia di studenti, viene occupato l’ex hotel Commercio, stabile abbandonato e in degrado, da due anni di proprietà del Comune, di fronte alla Banca nazionale dell’agricoltura; poco oltre piazza Santo Stefano e l’Università statale di via Festa del Perdono. L’occupazione viene decisa e gestita dagli studenti fuori sede, ospiti della Casa dello studente di Viale Romagna. Con cognizione di causa si sceglie l’albergo Commercio; e non, come voleva l’ala “capannea” del movimento, Palazzo Reale. Molto concrete le motivazioni. Emarginazione e carenza di case dello studente, alte rette. Si supera la fase in cui gli studenti chiedevano un alloggio a prezzi accessibili. Con l’occupazione di piazza Fontana si prende e non si chiede più quello che spetta di diritto. I promotori dell’occupazione sono consapevoli che la sede scelta è congruente con i bisogni e le rivendicazioni degli studenti immigrati e di quelli più disagiati. Stabile di proprietà pubblica, in posizione centrale e strategica, vuoto ed abbandonato, è diventato luogo abituale di incontri e riunioni di gruppi di lavoratori studenti. Possiede tutte le caratteristiche per consentire a larghi strati di proletariato studentesco e giovanile di: uscire dalla marginalità e dall’isolamento; denunciare all’opinione pubblica le loro condizioni di disagio materiale ed ambientale, sfruttamento e povertà; praticare l’obiettivo di “costruire una nuova casa dello studente”; trattare direttamente col potere amministrativo locale; intervenire “nel vivo di una politica urbanistica classista della città”.
L’iniziativa, se da un lato si colloca all’interno del movimento antiautoritario degli studenti, dall’altro ne prende le distanze spesso in polemica con quegli orientamenti segnati da un rivoluzionarismo generico, incarnato in particolare nella figura dello studente a tempo pieno. I protagonisti dell’occupazione sono in maggioranza studenti immigrati e pendolari. D’estrazione proletaria, molti si mantengono agli studi con lavori e lavoretti. Nei loro documenti, cercano di dare un senso strategico alla loro specifica battaglia; di fondare sui due pilastri portanti - lo studio e il lavoro - la lotta generale contro il sistema capitalistico e l’autoritarismo delle istituzioni; di costruire ponti di collegamento tra i due mondi tenuti separati e isolati. Se studiare significa esercitarsi a risolvere problemi, finora lo studente lo ha fatto per “risolvere i problemi di chi ha comando, proprietà, ricchezza”. Occorre invece ribaltare la situazione: imparare a esercitarsi a risolvere i problemi delle classi subalterne. I mondi del lavoro e dello studio, la società e la cultura devono essere messi in
collegamento. E tra le figure sociali che meglio di altre può contribuire a questo, emerge quella dello studente lavoratore e del lavoratore studente: “E’ questa la figura nuova che di fatto sta eliminando le distanze e l’estraneità tra il mondo del lavoro e il mondo dello studio”. Occorre individuare le modalità concrete di messa in discussione dell’apparato organizzativo degli studi - rigido gerarchico autoritario - e dei meccanismi politici che ostacolano e limitano l’esercizio del diritto allo studio. L’isolamento dello studente dalla realtà sociale e la selezione classista sono, tra i tanti, i due strumenti principali della politica scolastica ed universitaria. E per quanto riguarda il settore dell’edilizia universitaria si denunciano la “gravissima carenza di alloggi per gli studenti provenienti da fuori Milano e di disagiate condizioni economiche”, e la “situazione di ghetto culturale di questi alloggi, che sorgono ai margini della città”. E “contro questo stato di cose” nasce la Nuova Casa dello studente di piazza Fontana, che presto supera il ristretto ambito studentesco e si trasforma in Casa dello studente e del lavoratore (C.S.L.).
 Nella prima fase dell’occupazione, si lavora a rendere abitabile l’intero stabile e a porre all’attenzione dell’opinione pubblica la questione sociale degli studenti immigrati e disagiati. Si crea attorno alla Casa un clima favorevole e solidale. Arrivano da singoli cittadini aiuti di ogni genere (suppellettili, coperte, viveri, sottoscrizioni ecc.). Una mano materiale e politica la danno cooperative di lavoratori, organizzazioni sindacali di base come alcune commissioni interne dei tranvieri, l’UDI (la storica Unione Donne Italiane). Anche il sindaco Aniasi riconosce il problema e, mentre si dichiara pronto al dialogo, “promette di venire incontro alle più impellenti necessità”. E - annotano ironicamente gli studenti nei loro dazebao - fa arrivare mediante l’Ufficio d’igiene “materiale disinfettante con la raccomandazione di non berlo perché velenoso!
La C.S.L. fa breccia sulla macchina politico-amministrativa della città: sul Consiglio di zona 1 e sul governo cittadino di centro-sinistra. Nel febbraio del 1969 il Consiglio comunale approva un ordine del giorno che riconosce legittimità all’occupazione.
Un tale livello di lotta sociale sindacale politica e culturale entra in crisi nella primavera del ’69, quando i rappresentanti del potere decidono di passare al contrattacco, mentre si intensificano campagne di stampa di attacco denigratorio contro la C.S.L., ormai stigmatizzata “covo” di anarchici ed estremisti, drogati e fannulloni. 
Il 19 agosto 1969, con inaudita violenza nel colmo dell’estate e delle vacanze feriali, la Casa dello studente e del lavoratore quasi del tutto vuota, viene sgomberata da plotoni di carabinieri e poliziotti in assetto di guerra, e l’edificio subito demolito. Si inaugura così la stagione degli sgomberi.

COLUI CHE TUTTO HA PERDUTO di Ndjock Ngana

Risa di sole nella mia capanna
E le mie donne belle e flessuose
Eran palme alla brezza della sera
Scivolavano i figli sul gran fiume
Come morte profondo
E le mie piroghe lottavano coi coccodrilli
Materna, la luna s’univa alle danze
Frenetico e grave del tam-tam il ritmo
Tam-Tam di gioia Tam-Tam spensierato
Fra i fuochi di libertà

Poi un giorno, il silenzio...
Del sole i raggi parvero oscurarsi
Nella capanna d’ogni senso vuota
Le bocche rosse delle mie donne premevano
Le labbra dure e sottili dei conquistatori dagli occhi d’acciaio
E i figli miei lasciarono la quieta nudità
Per l’uniforme di ferro e di sangue
E più non ci siete, neppur voi
Tam-Tam delle mie notti, Tam-Tam dei miei padri
Le catene della schiavitù han straziato il mio cuore!

Ci voleva lucidità per percepire i segni del fallimento

Gli anni 60 sollecitavano ancora, per decifrare il contesto sociale, l'esercizio di un po' di intelligenza. Ci voleva lucidità per percepire i segni del fallimento. Trenta anni più tardi, il primo colpo d'occhio  coglie da un capo all'altro della terra il degrado dello scenario, l'usura dello spettacolo, il ridicolo del potere, lo sfilacciamento dei ruoli, le toppe di una economia rappezzata. La disinvoltura e la noia calano il sipario su una tragicommedia millenaria.
L'economia ha fatto e disfatto l'impero che gli uomini hanno eretto costruendo la loro stessa rovina. Ciascuno lascia lo spogliatoio senza un travestimento che valga. Non resta che marciare in avanti, e di preferenza verso se stessi, con la solo guida del piacere che brilla in ogni istante di vita.

giovedì 15 novembre 2018

Il '68... Lega degli studenti rivoluzionari (Capitolo XLVI)

                                      
                                           
                                              L.S.R.

Lega degli studenti rivoluzionari

Il governo di centro-sinistra denuncia, picchia, imprigiona e tortura operai e studenti. 
            
                 CENTRO-SINISTRA COME FASCISTA

A Roma come a Torino, a Milano come a Valdagno la logica dell'intervento governativo è una sola: la violenza reazionaria. 
            
                 SOCIALDEMOCRAZIA SEI LA POLIZIA

Il governo Moro-Nenni, nel reprimere operai e studenti, è il fedele interprete degli interessi dei padroni. 
               
               MORO-NENNI SERVI DEI PADRONI

A Roma come a Torino, a Milano come a Valdagno la risposta degli operai e degli studenti deve essere una sola: la lotta rivoluzionaria
                           
                            2, 3, molte VALDAGNO
                            2, 3, molte VALLE GIULIA

Lottiamo per la libertà degli incarcerati:
               
IN GALERA MORO-NENNI, FUORI GLI OPERAI  E GLI STUDENTI

Lottiamo per cacciare il governo oppressore:
              
                        VIA IL GOVERNO POLIZIOTTO

Lottiamo per costituire un solo fronte di lotta contro il nemico comune:
              
             STUDENTI E OPERAI CONTRO IL GOVERNO

Lottiamo per il diritto allo studio: basta con la scuola che discrimina fra ricchi e poveri. 
               
               GOVERNO LADRO PAGACI LA SCUOLA

Mentre la repressione imperversa continua la farsa delle "elezioni democratiche". Quanto il Parlamento ci rappresenti l'abbiamo capito sulla nostra pelle.
               
               PARLAMENTO SERVO DEI PADRONI

La lotta contro gli sfruttatori e gli oppressori è l'unica democrazia degli sfruttati e degli oppressi. 
              
                ELEZIONI NO, LOTTA DI CLASSE SI'

Noi, sfruttati ed oppressi, siamo la maggioranza. Possiamo cambiare il mondo se marceremo uniti. Dalla nostra lotta sorgerà una società senza sfruttamento ed oppressione, una società di uomini liberi.
               
             LOTTA DI CLASSE POTERE ALLE MASSE

Milano, 7/ 5/ 68