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giovedì 24 agosto 2017

Quarant'anni fa... il '77 (capitolo XX)


14 maggio: a Torino, alle 15.30 da piazza Arbarello parte un corteo di 4000 persone tra autonomi, circoli giovanili e Lotta Continua, per protestare contro lo Stato di Polizia a Roma. Tafferugli nel tardo pomeriggio in piazza Solferino con un gruppo di alpini a cui viene sottratta una bandiera italiana, un poliziotto in borghese spara colpi di pistola in aria; sempre in città vengono arrestati cinque militanti di Prima Linea. A Roma, alle 16 manifestazione nel centro della città a ponte Garibaldi dove è stata uccisa Giorgiana Masi. Migliaia di poliziotti tengono sotto mira il concentramento. La Questura non osa ordinare la carica, che potrebbe risolversi in un massacro. Le dichiarazioni del questore sulla morte della Masi, sono state smentite dagli stessi giornali di regime, le foto di poliziotti in borghese che prendono di mira con armi da fuoco i manifestanti sono state pubblicate con didascalie e che indicano nomi, cognomi e gradi. La Questura pretende che non si gridino slogan. Dalla manifestazione si risponde che anche ciò viene accettato perché si considera il manifestare già una grande vittoria politica. Il sit-in diventa silenzioso, ma di un silenzio che dura due ore e che è talmente carico di contenuti politici da essere più significativo di uno scontro frontale. Quando la manifestazione si scioglie, la rabbia poliziesca si scaglia contro il presidio femminista posto intorno al punto dove Giorgiana è caduta. Ne segue un violento pestaggio di una decina di donne. Sempre a Roma nella notte un commando tenta di dare alle fiamme l’abitaziopne di due professori democratici del liceo De Sanctis, che ospita da tempo notissimi fascisti, ed è considerato tra le ultime roccaforti nere: nel liceo insegna il nazista Paolo Signorelli, fondatore di Lotta Popolare. A Trastevere viene bruciata la sezione del PCI, rivendicato con un bollettino firmato “AAA” (Alleanza Atlantica Anticomunista). A Milano, mentre si svolge una manifestazione per protestare contro i fatti di Roma e contro Cossiga, nella zona di San Vittore, all’angolo tra via Olona e via De Amicis, poco prima delle 18, arriva il corteo dell’area dell’autonomia, staccatosi dal grosso della manifestazione. Alla vista degli agenti il corteo ha uno sbandamento, mentre
Oreste Scalzone invita a proseguire senza suscitare incidenti. L’invito viene raccolto da quasi tutti i manifestanti tranne un gruppo di una ventina di giovani che esce alla spicciolata dal corteo e si dirige verso un filobus della linea 96. Staccando il contatto con la linea elettrica, uno di loro blocca il filobus che diventa una barricata. Parte una molotov, arrivano in risposta candelotti di lacrimogeni e fumogeni. Appena si spegne il botto dei lacrimogeni, il gruppetto, con il volto coperto, armato di pistole e molotov, esce da dietro il filobus e comincia a sparare. Gli agenti rispondono al fuoco. Mentre i passanti si rifugiano terrorizzati nei portoni e le vetrine del vicino supermercato vanno in frantumi, un agente, Antonio Custrà, viene colpito a morte. La violenta battaglia urbana si conclude con altri due poliziotti feriti da sassate. Viene ferita anche una giovane donna, proprietaria di una boutique in via De Amicis, raggiunta di striscio alla testa da un pallettone. In serata vengono fermati cinque giovani: quando arrivano nel cortile della questura, un gruppo di agenti cerca di linciarli. In tutto sono 17 i fermati, 4 gli arrestati (per porto abusivo d’arma impropria), mentre viene eseguita una lunga serie di perquisizioni; sempre a Milano due giovani armati di pistola fanno irruzione negli uffici della fabbrica di aspirapolveri “Worwerk folletto”, rubano 250.000 lire e scrivono con bombolette di vernice spray slogan contro il lavoro nero. A Napoli, oltre 1500 persone sfilano in corteo e ci sono degli incidenti, con dieci arresti. A Firenze più di 5000 giovani sfilano in corteo. A Bolzano, studenti in sciopero e cortei con cariche della polizia. A Brescia, duecento giovani assalgono la sede provinciale della Dc lanciando sassi e molotov. A Palermo, una bottiglia molotov viene lanciata nel cortile dell’autoparco della polizia. A Bologna, una bomba molotov viene lanciata all’interno del cortile della caserma dei carabinieri “Mazzini”, in via Oretti. A Como, un ordigno di natura imprecisata scoppia contro l’edificio in costruzione della nuova caserma dei carabinieri. A Genova, tre molotov vengono lanciate contro una sezione della DC, nel quartiere di Marassi.
16 maggio: A Bologna, la polizia vieta il corteo da piazza Verdi al centro, carica ogni assembramento, provoca. Migliaia di compagni si muovono in fila indiana, uno dietro l’altro. Non è un corteo, eppure lo è. Non contrappone alla forza, la forza, eppure è indistruttibile, se lo rompi in un punto subito si riforma. E’ capace di mettere in piazza i bisogni e i desideri, di riconquistare una possibilità di collettivizzazione in una città cadaverizzata; è’ un modo per riprendere il filo della gestualità che libera, un modo di ricomporre il dissenso in proposta, di trasformare la proposta in soggetto che a/traversa la classe. Non si tratta di ostentare una forza che non esiste, perché la capacità di trasformazione e di liberazione non sta nella forza, ma nella maturità storica di una società che rifiuta la prestazione lavorativa e nella intelligenza che rende possibile questo rifiuto. A Cantù, ordigno esplosivo contro la caserma della compagnia dei carabinieri. A Ravenna, incendiata la porta del Duomo. A Ercolano, due ordigni esplosivi contro l’ingresso di una villa che verrà utilizzata come sede della scuola allievi sottoufficiali delle guardie carcerarie. A Pallavicino, in provincia di Palermo, dinamite contro una palazzina SIP. A Roma, si svolgono i funerali di Giorgiana Masi; nella mattina a piazzale Clodio, mentre si celebra il processo per la rissa al Don Orione, due fascisti della sezione di Ottaviano sparano contro un gruppetto di appartenenti a Lotta Continua, presenti al processo, la polizia arresta il vicesegretario della seziopne dell’MSI di via Ottaviano. A Milano, alla Statale 3000 studenti approvano una mozione presentata da DP, contro l’uccisione dell’agente Antonino Custrà, nella quale gli autonomi sono definiti «provocatori che nulla hanno a che vedere con la classe operaia». 

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