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giovedì 16 marzo 2017

Autorganizzazione autonoma

Quando parlo di autorganizzazione autonoma parlo di uno specifico fenomeno che tende a nascere ogni volta che la gente, quando è incazzata per le proprie condizioni e ha perso la fiducia in quelle persone che erano delegate a risolvere i loro problemi, decidono di agire per conto loro. Inoltre l’autorganizzazione autonoma non si manifesta mai nella forma di un partito politico, di un sindacato o di qualunque altra sorte di organizzazione rappresentativa. Tutte queste forme di organizzazione dichiarano di rappresentare la gente nella lotta e di agire in loro nome. E quello che definisce l’autorganizzazione autonoma è precisamente il rifiuto di tutti i rappresentanti. I partiti, i sindacati e le altre organizzazioni tendono a comportarsi nei confronti di un’organizzazione autonoma solo nella forma di recuperatori delle lotte, sforzandosi di prenderne il comando e di imporsi loro stessi come portavoce della lotta – di solito con lo scopo di negoziare con i governanti. Perciò possono essere considerati solamente come potenziali usurpatori laddove si sviluppa una rivolta realmente auto-organizzata. L’autorganizzazione autonoma presenta dei tratti essenziali. Prima di tutto non c’è una gerarchia. Non c’è un’istituzione, non c’è un gruppo di comando permanente, non c’è un’autorità. Anche se a qualcuno che si dimostra particolarmente capace e abile con specifici problemi della lotta a portata di mano sarà accordata l’attenzione che merita per quell’abilità, non sarà permesso che questo motivo diventi la base per un ruolo di comando permanente, altrimenti si comprometterebbero altri aspetti importanti dell’autorganizzazione autonoma che sono la comunicazione orizzontale e i rapporti orizzontali fra le persone. E’ una questione di consentire alle persone di parlarsi una con l’altra, di interagire con ciascuno con tutti, di esprimere apertamente i bisogni e i desideri, mettersi a discutere concretamente i problemi che si trovano ad affrontare insieme e in termini pratici, senza nessuna persona o gruppo di comando per incanalare queste espressioni secondo una linea stabilita. 
Per concludere quello che distingue l’autorganizzazione dalla politica è la sua opposizione alla rappresentanza e al compromesso – non tanto con l’ordine costituito, ma all’interno dello stesso movimento auto-organizzato. Così piuttosto che cercare di imporre decisioni collettive che implicano il compromesso, essa cerca di trovare un metodo per intrecciare i desideri, gli interessi e i bisogni di tutti quelli coinvolti in una maniera che sia effettivamente soddisfacente per ciascuno.
(Wolfi Landstricher, Portland, OR, USA)

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