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giovedì 26 gennaio 2017

Durante la luna delle ciliege nere 

Investiamo con il nostro desiderio la materialità delle cose; nel campo sociale, nei luoghi stessi di produzione. I nostri desideri non si accontentano più degli spazi concessi a norma di legge (la Legge), il sogno sta loro stretto. Tutto ciò è negato dal qui e dallo ora. E' una questione di forza, pura e semplice. E' una questione di potere. Alt! Il personale deve uscire dalla prigione del privato, dalla forma atomistica dell'esistenza, farsi forza materiale, darsi strumenti di produzione. L'aggregato molecolare (piccolo gruppo) deve divenire forza liberante. Scatenatevi venti! Nell'(interno) c'è il padre-madre-bambino: procurate della dinamite e tutto andrà in frantumi. Ci si obbliga a desiderare anche contro il nostro interesse. Non è un inganno, è un'oppressione. Vogliono che noi si creda a ciò che vogliono noi si creda. I nostri comportamenti mossi dalla forza del desiderio smentiranno la illusione del potere. Il desiderio non manca d'oggetto. Esso è pieno naturalmente pieno fino a scoppiare. E' il soggetto che manca al desiderio. A volte è introvabile. Qui da noi sembra introvabile. Entrate nelle scuole, la terra trema sotto i nostri piedi. Lì troveremo la forza necessaria a smuovere le cose. Non c'è lavoro, anche questa illusione è rovinosamente caduta. Ci si va per non crepare letteralmente per l'angoscia di non fare niente. Il nemico è in ginocchio ma anche allo stremo delle forze è in grado di incatenarci in questi luoghi. Prendiamo lezione dai nostri desideri. Desiderare e produrre non è la stessa cosa. Sono degli stati attraverso cui il soggetto deve passare. Necessariamente. Produrre è dare forma materiale al desiderio. Produrre il testo, la musica, lo sciopero. Ricostruire il movimento. Il giornale, la radio, la festa, la lotta sono altrettanti strumenti che il desiderio deve darsi per inscriversi come corrente antagonista nel flusso della produzione capitalistica. Questo grande strato studentesco è un corpo enorme libero dal lavoro. Dovrà pure impegnare la propria energia. Deve conquistarsi una condizione di esistenza altra da quella attuale. Il posto di lavoro, la riduzione attiva dello sfruttamento lavorativo, il salario, la sessualità, il gruppo maschile, la coscienza femminista, il rifiuto del lavoro, la produzione testuale devono uscire dal piccolo gruppo rinchiuso tra le pareti eteree del sogno, dilatarsi delirando il sociale dare nuove ragioni, quelle finora rimosse, per un nuovo militantismo. Inscriversi dunque in questi processi. Le difficoltà sono enormi. L'ideologia può aggredirci da un momento all'altro e distruggere il piccolo gruppo, che può anche autodistruggersi quando tutta la violenza del desiderio non investe materialmente il campo esterno. Penetrare nella condizione più castrante dell'esistenza (non la sola): nella famiglia. Raggiungere tutti nelle case, nella ripetitività dei gesti, nell'automatismo quotidiano, nella miseria del tempo libero, nell'oppressione dei letti matrimoniali, nell'impotenza delle sedi politiche. Raggiungere e inceppare i meccanismi. La Macchina a questo punto impazzirà e metterà in moto lo stato di emergenza. La repressione però non troverà il bersaglio grosso, l'apparato, i capi, gli esecutori. Non ci sarà uno scontro robotico. I microcomportamenti sono diventati a questo punto forza collettiva. Le forze della repressione si sentiranno circondate da un esercito di fantasmi, imprendibili, continuamente altrove e dappertutto. Il tempo, ovvero il tempo impossibilmente lento dell'orologio di S. Francesco, il tic-tac insulso, spasmodico delle svegliette operaie va sregolato, fatto impazzire. Prendere continuamente iniziative, essere dappertutto, accelerare le vita: ci siamo abbruttiti con la lenta processione verso il posto di lavoro, la sistemazione, i figli. Deridere i comportamenti del terziario, metterne a nudo le ipocrisie e la impossibile ignoranza.
(tratto da Désir - numero unico 1976)

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