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giovedì 22 dicembre 2016

Elisée Reclus, educare a essere

Elisée Reclus, ovvero un geografo davvero particolare: sovversivo, precursore dell’ambientalismo, sistemico ante litteram, docente universitario fautore di una geografia interdisciplinare con inediti riferimenti all’ecologia, alla sociologia e alla politica, studioso del rapporto tra spazio e tempo e della complessità che caratterizza uomo e natura, detrattore del pensiero statuale in favore di una visione globale e dinamica dell’uomo e dello spazio, autore di una grande narrazione che ricerca la molteplicità dei punti di vista, relativizzatore dell’idea di progresso, promotore di un approccio antropologico alla geografia, uomo straordinario che ha dedicato la quota maggiore del suo impegno militante all’impegno scientifico con il fine di costruire un mondo più giusto. Elisée Reclus diceva  che nelle pieghe della società moderna è possibile reperire una rassegna di modelli alternativi, anche mutuati dall’esperienza di genti lontane o passate. Perché la società non dimentichi che gli esseri umani vivono in un territorio e non è salutare privarsi dell’esperienza naturale; che l’uomo è natura, è nella natura, ed è quindi suo compito rispettarla; che per vivere non si può prescindere dalla solidarietà dell’uomo con l’ambiente naturale e dall’aiuto reciproco fra esseri umani; che la natura è complessità e che, essendo l’uomo natura, il suo compito è rispettare la diversità; che non esiste una sola idea di progresso, che i percorsi sono molteplici e che è responsabilità etica di ognuno di noi prendere atto che non esiste un’unica opzione possibile. Secondo Reclus, il sistema comunità non è sostenibile né desiderabile senza coscienza individuale e autonomia personale. Il compito della pedagogia è quindi “educare a essere”, ovvero creare tutte le condizioni per cui l’essere sia, diventi esattamente quello che è e quello che decide progressivamente e autonomamente di diventare. Possiamo solo, e non è poco, trasmettere alle nuove generazioni il sentimento della bellezza, educarle al rispetto della natura e quindi di se stesse, dar loro gli strumenti per resistere al dominio, reinserendo nel discorso quotidiano il politico e lo storico, e con essi la domanda di senso che è condizione necessaria allo sviluppo di una coscienza critica; in altre parole, lasciare che la natura selvaggia esista: hic sunt leones.

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