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giovedì 7 luglio 2016

I lavoratori della notte nella Parigi del novecento

Signori, adesso sapete chi sono: un ribelle che vive del ricavato dei suoi furti. Di più. Ho incendiato diversi alberghi e difeso la mia libertà contro l’aggressione degli agenti del potere. Ho messo a nudo tutta la mia esistenza di lotta e la sottometto come un problema alle vostre intelligenze. Non riconoscendo a nessuno il diritto di giudicarmi, non imploro ne perdono ne indulgenza. Non sollecito ciò che odio e che disprezzo. Siete i più forti, disponete di me come meglio credete. Ma prima di separarci, lasciatemi dire un’ultima parola.
Non sono ne ricco ne proprietario, la società non mi accordava che tre mezzi di esistenza: il lavoro, la mendicità e il furto. Il lavoro, al contrario di ripugnarmi, mi piace. Ciò che mi ripugna e di sudare sangue e acqua per un salario, cioè di creare ricchezze dalle quali sarei sfruttato. In una parola, mi ripugna di consegnarmi alla prostituzione del lavoro. La mendicità e l’avvilimento, la negazione di ogni dignita. Ogni uomo ha il diritto di godere della vita. Il diritto di vivere non si mendica, si prende.
Il furto e la restituzione, la ripresa di possesso. Piuttosto di essere chiusi in un’officina come in una prigione, piuttosto di mendicare ciò a cui abbiamo diritto, preferiamo insorgere e combattere faccia a faccia i nemici, facendo la guerra ai ricchi e attaccando i loro beni. Loro ovviamente preferirebbero che ci sottomettessimo alle leggi, che operai docili creassimo ricchezze in cambio di un salario miserabile, e che, il corpo sfruttato e il cervello abbrutito, ci lasciassimo crepare al angolo di una strada. In quel caso per loro non saremmo “banditi cinici”, ma “onesti operai”. Adulandoci ci darebbero la medaglia al lavoro. Preferisco essere un cinico cosciente dei suoi diritti che un automa, una cariatide.
Non accetto la pretesa morale che impone il rispetto della proprietà come una virtù, quando i peggiori ladri sono i proprietari stessi. Tutto ciò che e costruito dalla forza e dall’astuzia, l’astuzia e la forza possono demolirlo. Il popolo si evolve continuamente. Istruiti in queste verità, coscienti dei loro diritti, tutti i morti di fame, tutti gli sfruttati, in una parola tutte le vittime, si armeranno di un “piede di porco” assalendo le case dei potenti per riprendere le ricchezze che essi hanno creato e che loro hanno rubato. Riflettendo bene, preferiranno correre ogni rischio invece d'ingrassare i ricchi gemendo nella miseria. La prigione, i lavori forzati, il patibolo non sono prospettive troppo paurose di fronte ad una intera vita di abbrutimento, piena di ogni tipo di sofferenze.

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