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giovedì 19 maggio 2016

Situazionista per caso di Ken Knabb

Con Ron Rothbard cominciammo a guardare al mouvement in modo critico e a intraprendere qualche modesta iniziativa: Vantando il nostro anarchismo con gli amici, ordinando pubblicazioni per la diffusione locale, portando bandiere nere alle manifestazioni. Scoprimmo ben presto qualche altro gruppetto di anarchici e insieme formammo un gruppo di discussione che valutò la possibilità di aprire una libreria a Berkley. Il mio primo scritto pubblico fu un volantino, diffuso fra qualche dozzina di amici e conoscenti, nel quale mi sforzavo di far conoscere gli aspetti anarchici di Kenneth Rexroth (i suoi lavori indicano la familiarità con temi che spaziano dall'anarchia, alla pittura, alle religioni del mondo, alla filosofia e letteratura cinese classica) e Gary Snyder (poeta, ambientalista, saggista e conferenziere statunitense, spesso associato alla Beat Generation, descritto come il poeta dell'ecologia profonda ed è uno dei precursori dell'eco-poesia.).
Leggendo alcuni testi anarchici recenti, Ron e io incappammo in diverse menzioni dell'Internazionale Situazionista, piccolo gruppo d'una certa notorietà che aveva giocato un suo ruolo nel corso della rivolta del Maggio 1968. Mi ricordavo di aver letto qualche testo situazionista l'anno precedente, ma non l'avevo evidentemente messo a fuoco bene. Un breve colpo d'occhio mi aveva dato l'impressione che si trattasse soltanto d'una ulteriore variante dei sistemi ideologici europei (marxismo, surrealismo, esistenzialismo, ecc.) che ci sembravano giocattoli oramai esauriti dopo la psichedelia. Nel dicembre del 1969, in una libreria, capitammo nuovamente su qualche brochure situazionista, ma questa volta leggemmo con maggiore attenzione.
Fummo immediatamente scossi dalle tecniche di propaganda e dalla grande differenza stilistica con la maggior parte degli scritti anarchici. Lo stile ci sembrava strano e tortuoso ma insieme provocante, concepito evidentemente più per demolire le abitudini e le aspettative della gente che per convertirla a una prospettiva libertaria vaga e passiva. restammo dapprima perplessi, ma a una rilettura cominciammo gradualmente, discutendo i testi, a capirne la logica. I situazionisti sembravano l'anello mancante tra i differenti aspetti della rivolta. Mirando a una rivoluzione sociale d'una radicalità sconosciuta alla maggior parte dei gauchisti, attaccavano nello stesso tempo le assurdità della cultura moderna e la noia della vita quotidiana, riatizzando la fiaccola dei dadaisti e dei surrealisti. totalmente iconoclasti, rigettavano ogni ideologia, utilizzando senza scrupoli ogni idea che trovassero pertinente. Ferma restando la tradizionale opposizione anarchica allo Stato, avevano sviluppato un'analisi globale della società moderna, una pratica organizzativa anti-gerarchica e portavano un coerente attacco contro i mezzi che il sistema adotta per trasformare la gente in spettatori passivi. (Il loro nome derivava dal loro obbiettivo originario, quello di creare situazioni aperte e partecipative, in opposizione alla spettacolarizzazione  artistica). Infine, e non meno importante, rifiutavano energicamente ogni politica vittimistica, vale a dire tutte le idee basate sul sacrificio rivoluzionario, la flagellazione e il culto dei martiri.

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