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giovedì 25 febbraio 2016

Rovesciare i principi economici e tecnologici che gestiscono la società

La rivoluzione industriale e le sue conseguenze sono state un disastro per la razza umana. Esse hanno incrementato a dismisura l'aspettativa di vita di coloro che vivono in paesi sviluppati ma hanno destabilizzato la società, reso la vita insignificante, assoggettato gli esseri umani a trattamenti indegni, diffuso sofferenze psicologiche (nel Terzo mondo anche fisiche), inflitto danni notevoli al mondo naturale. Il continuo sviluppo della tecnologia peggiorerà la situazione. Essa sicuramente sottometterà gli esseri umani a trattamenti sempre più abietti, infliggerà al mondo naturale danni sempre maggiori, porterà probabilmente a una maggiore disgregazione sociale e sofferenza psicologica e a incrementare la sofferenza fisica in paesi sviluppati.
Il sistema tecnologico industriale può sopravvivere o crollare. Se sopravvive, potrebbe, alla fine, raggiungere un basso livello di sofferenze psicologiche e fisiche, ma solo dopo un lungo periodo, molto doloroso, di aggiustamento e solo al costo di ridurre permanentemente gli esseri umani e molti altri organismi viventi a prodotti costruiti, semplici ingranaggi nella macchina socia- le. Inoltre, se il sistema sopravvivera, le conseguenze saranno inevitabili: non vi e possibilità di riformare o modificare il sistema così da impedire che esso privi la gente di dignità e autonomia.
Se il sistema crolla le conseguenze saranno certamente molto dolorose. Ma più il sistema si ingrandisce più disastroso sarà il risultato del suo comunque inevitabile collasso.
Per questo noi peroriamo una rivoluzione contro il sistema industriale. Questa rivoluzione può o no fare uso di violenza: potrebbe essere un processo rapido o relativamente graduale della durata di alcuni decenni. Non possiamo saperlo, Questa non e una rivoluzione politica. Il suo obiettivo sarà quello di rovescia- re non i governi ma i principi economici e tecnologici che li gestiscono.

Il 68, sommari cenni di cronaca di un paio d’anni che forse non sono mai esistiti

1967
Novembre: occupazione delle terre, assedio del comune e battaglia con la polizia a Isola di Capo Rizzato. Incendiato il municipio di Cutro. 
Novembre / dicembre: occupazioni delle facoltà di lettere di Genova, dell’Università di Napoli, della Cattolica di Milano, di Palazzo Campana a Torino, dell’Università di Pavia e di Cagliari. Sgomberi e rioccupazioni. Critica della condizione studentesca della scuola.
1968
Gennaio: occupazione dell’Università di Pisa, di Lettere, Architettura e Magistero a Firenze.
2 febbraio: in risposta, occupazione delle Università di Roma e sgombero forzato.
1 marzo: Valle Giulia: il movimento romano reagisce all’aggressione poliziesca: Vittoria politico- militare, ma all’ombra dei picchetti riprendono gli esami e si avvia un compromesso sulla ripartizione degli spazi.
Marzo: occupazione di 15 scuole medie a Milano
10/11 marzo: convegno del movimento delle occupazioni a Milano: al di fuori di ogni istituzione, fuori dal sistema politico italiano.
29 marzo: contestazione alla Galleria d’arte moderna di Roma.
Marzo: si forma il Comitato Unitario di Base Pirelli con obiettivi parasindacali ma organizzazione autonoma.
19 aprile: scioperi spontanei, scontri , saccheggi e devastazione degli immobili, distruzione della statua di Marzotto a Valdagno.
Aprile: lotte autonome alla Montedison di porto Marghera.
Maggio: movimento delle occupazioni e sospensione generale del lavoro selvaggio in tutta la Francia.
7 maggio: scontri a Genova per protesta contro arresti e incriminazioni a Genova e Torino.
30 maggio: occupazione della Triennale di Milano.
4 giugno: scontri al festival di Pesaro del Cinema Militante.
7 giugno: assalto al Corriere della Sera dopo l’attentato a R. Dutschke. 
Luglio/agosto: lotte egualitarie autonome alla Montedison di Porto Marghera.
5 agosto: corteo operaio contro la Camera del Lavoro a Mestre
19 settembre/15 ottobre: lotta alla Saint Gobain di Pisa, blocco dell’Aurelia, barricate, sciopero generale, scontro con i carabinieri.
19 settembre/9 ottobre: fermate del lavoro autonome contro il taglio dei tempi organizzate dal CUB Pirelli.
25 ottobre: in occasione della lotta contro le zone salariali il proletariato del Sud prolunga gli scioperi ignorando i sindacati.
Inizio novembre: inizio dell’autoriduzione della produzione alla Pirelli, contestati i sindacati.
14 novembre: sciopero generale per le pensioni.
2 dicembre: sciopero bracciantile ad Avola, due uccisi dalla polizia, blocco della città, scioperi spontanei in tutta Italia.
7 dicembre: contestazione della Prima alla Scala di Milano.
15 dicembre: contestazione dell’incontro di pugilato Benvenuti – Fullmer.
 31 dicembre: contestazione alla Bussola di Viareggio, la polizia colpisce Soriano Ceccanti.
1969
27 gennaio: viaggio di Nixon a Roma: Stato d’assedio, scontri.
Gennaio: continua l’autoriduzione alla Pirelli. 
 9 aprile: rivolta di Battipaglia contro il licenziamento di 800 operai. Assalto al commissariato. Incendiato e demolito il palco sindacale. Cacciati i maoisti accorsi. 
11 aprile: barricate in piazza a Milano.
12 aprile: ribellione alle carceri Nuove di Torino. 900 detenuti distruggono falegnameria e gabinetto medico.
13 aprile: ribellione alle carceri di Milano e Genova. Saccheggio e sequestro delle guardie a Milano. Continua la rivolta alle Nuove.
13 maggio: inizio degli scioperi e dei cortei interni contro i capi e le gerarchia aziendale alla Fiat. Richieste egualitarie. Inutile pompieraggio sindacale.
4 giugno: danneggiamenti di auto in tutta la città di Genova con scritte: NO ALLA MERCE, ABOLIAMO IL LAVORO, NO ALL’ARTE.
16 giugno: dopo l’accordo sindacale alla Fiat, la lotta riprende autonoma.
3 luglio: in occasione dello sciopero generale contro il caro affitti e per la casa 16 ore di scontri e barricate attorno a corso Traiano a Torino.
1 settembre: sciopero autonomo all’officina 32 di Mirafiori. In fuga la Commissione Interna. 7000 operai sospesi alla Fiat.
5 settembre: la Fiat ritira le sospensioni.
6 settembre: scioperi contrattuali.
8 settembre: rivolta a Caserta, distrutti uffici pubblici, banche, automezzi, orologi pubblici, uffici del registro, poste, delegazioni locali. Incendiata la stazione ferroviaria.
9 settembre: a Caserta sciopero generale, assalti di bande giovanissime alla SIP, al Genio Civile, all’ENEL. Devastato e dato alle fiamme il provveditorato agli studi. Distrutta ogni segnaletica e pubblicità.
9 ottobre: incidenti a Napoli, Torino, Milano. Alla Pirelli in sciopero si incendiano pneumatici e si devasta la mensa dei funzionari.
17 ottobre: assediata una caserma dei carabinieri nel Canadese. Scontri durante gli scioperi dei metalmeccanici a Torino e Latina.
19 ottobre: gli operai occupano autonomamente la Fiat Mirafiori. Distruzione e vandalismo sulle auto.
27 ottobre: a Pisa scontro operai e polizia, muore C. Pardini.
29 ottobre: in occasione del salone dell’auto a Torino, vengono rovesciate le catene di montaggio alla Fiat. 100 auto danneggiate e distrutte. Tentativi di dissaldare le tubature della verniciatura.  
6 novembre: 2000 operai chiudono a tenaglia la polizia in corso Sempione a Milano, 20 agenti feriti. Scontri alla Fiat di Milano ed alla RAI-TV.
19 novembre: sciopero generale delle categorie in lotta. Scontri tra operai, studenti e la polizia in via Larga a Milano. Muore l’agente Annarumma. 
1 dicembre: sciopero ad oltranza alle carrozzerie Fiat.
12 dicembre: strage di Stato a piazza Fontana.   


Bakunin è il banditismo sociale

Sul piano organizzativo Bakunin faceva leva su due elementi centrali: le masse diseredate e degradate, soprattutto le plebi contadine e un'avanguardia intellettuale declassata, emarginata dagli strati sociali superiori, è rimase sempre fedele alla formula della setta clandestina; sul piano politico la sua rivoluzione, molto simile alle jacqueries contadine e al banditismo sociale, avrebbe dovuto immediatamente abolire lo stato e ogni altra autorità: "Chi dice stato o diritto politico, dice forza, autorità, predominio: ciò presuppone l'ineguaglianza di fatto". Accusava i comunisti di essere "nemici delle istituzioni politiche esistenti perché tali istituzioni escludono la possibilità di realizzare la propria dittatura" e di essere al tempo stesso "gli amici più ardenti del potere statale", poiché volevano costruire una società integralmente dominata e programmata dall'alto. Il pensiero di Bakunin, apparentemente privo di sistematicità, è in realtà caratterizzato da una forte coesione intorno ad alcune tesi fondamentali: la liberazione totale dell'uomo attraverso l'abolizione dello stato, il rifiuto di qualunque socialismo di stato, la valorizzazione di quelle forze sociali che il processo d'industrializzazione tendeva ad emarginare. Per Bakunin è lo stato la causa principale d'ogni forma di oppressione e di tirannia, per cui il capitalismo non è altro che lo strumento di cui questo ente superiore, burocratizzato e gerarchizzato, si serve per attuare i suoi disegni. Sono queste le considerazioni che portano Bakunin a guardare più che alla classe operaia, nel senso marxiano del termine, alle masse popolari: invece di agire sul proletariato, che si serve della lotta di classe, egli propone di trasformare lo stato usando la violenza del sottoproletariato e quindi di rinviare ad un momento successivo l'attuazione di quei mutamenti sociali da cui scaturirà la società anarchico-egualitaria. Al centralismo soffocante e burocratico, nato con l'assolutismo e affermatosi ovunque con la rivoluzione francese, Bakunin contrappone il comune popolare, dove il cittadino ha la possibilità di manifestare il proprio patriottismo, identificandosi col libero sviluppo della collettività di cui fa parte. A loro volta i comuni si riuniscono in una libera federazione su scala regionale e in seguito le regioni si uniranno in una federazione ancora più ampia, che, al limite, potrà estendersi a tutta l'umanità. Per queste idee federalistiche Bakunin è influenzato dal pensiero di Proudhon, con il quale condivide la convinzione che per questa via l'umanità possa garantirsi non solo il progresso, l'armonia e la solidarietà, ma anche la pace.

giovedì 18 febbraio 2016

Lo Stato, il privato e la TAV

L’incompatibilità assoluta del capitalismo nella sua fase attuale e del sistema professionalizzato dei partiti con le forme borghesi democratiche di prima è parecchio evidente, dato che all’interno di istituzioni verticali nelle mani di partiti che funzionano come imprese è semplicemente impossibile che un interesse di classe possa essere presentato come generale, ovvero che riesca a separarsi anche solo di un minimo dagli interessi privati. Nelle società di massa degradate manca l’elemento unificatore, la paura del nemico di classe e al suo posto troviamo il bottino rappresentato dai fondi pubblici, motivo per cui si crea una gerarchia di interessi particolari in cui predominano senza alcun ostacolo le oligarchie economiche, che formano assieme alla casta politica di qualunque livello una specie di associazione mafiosa. In realtà l’interesse della classe dominante è una giustapposizione di interessi diversi privi di un denominatore comune, che provengono sia dall’impresa privata sia dalla burocrazia partitica. La partitocrazia è il tipo di parlamentarismo tipico della globalizzazione, in cui la casta politica ha occupato tutti gli organismi istituzionali e si è impadronita dell’intero erario pubblico e di tutte le risorse statali, dilapidandole in accordo con gli interessi del partito, della corrente, del gruppo o del clan che le gestisce. La corruzione non è necessaria: delle leggi create ad hoc per fare in modo limpido il lavoro che prima facevano bustarelle, borse e valigie piene di denaro in biglietti. Il privato ha invaso il pubblico a tal punto che qualsiasi piano “nazionale” non riflette una politica di Stato nel senso proprio del termine bensì un progetto arbitrario di investimenti il cui beneficiario esclusivo è la lobby corrispondente. Da qui deriva la segretezza delle operazioni e il disprezzo per l’opinione delle persone coinvolte. Per quanto riguarda le infrastrutture, la ricchezza in effetti viene accaparrata dalle imprese costruttrici, la lobby di “cemento, mattone e sabbia”. Lo Stato si incarica semplicemente di coprire gli sprechi sottraendo il denaro da altre parti oppure direttamente attraverso l’aumento delle tasse. Le conseguenze economiche sono sempre disastrose, tuttavia la falsa corrispondenza tra la prosperità e l’abbondanza delle infrastrutture è penetrata a fondo nella coscienza dei cittadini sudditi. La popolarità dell’Alta Velocità, scommessa irragionevole per il trasporto elitario dei passeggeri, è un esempio vivente di come questo mito persiste. La realtà invece è esattamente l’opposto.

BALLAD FOR A SOLDIER di Leon Russell

Quando ero soltanto un ragazzino,
giocavo con pistole e spade
e sognavo del giorno in cui sarei diventato un soldato
e avrei ucciso tutti i nemici,
canto questo inno nazionale tristemente
perché non mi ascolti?
Ho guardato i cannoni che facevano fuoco
sullo schermo gigante di argento,
le svastiche bruciavano ed io ero l’eroe
il generale dava l’ordine e con gioia io ubbidivo
ma il film è velocemente sbiadito tutto insieme oggi.
Ora sono solo con le accuse fatte
nessun posto dove correre,
nessun posto per nascondermi
siamo piccoli bambini tristi che facciamo gioco da grandi,
credo che l’ora sia arrivata, il male è stato fatto
cani randagi che vivono sull’autostrada
camminano con tre gambe
perché imparano troppo tardi a capire i messaggi
proprio come gli indiani nei tempi passati,
battaglie perse e vinte,
eppure continua ancora.
È solamente un’altra ballata per un altro soldato.
Non ho capito finché ho visto piangere mia madre
quando mi hanno detto quanti neonati avevo ucciso quella sera,
una dozzina di foto a colori su una rivista
raccontava la macabra storia come fosse la trama di un film
ma io non ero l’eroe che credevo di essere,
i film sono tanto diversi dalla realtà,
il generale fu condannato per levarsi dai guai
ma il presidente potrebbe liberarmi per la prova che ho sostenuto
e noi tutti siamo soli quando le condanne sono fatte,
triste modo di vivere,
che modo per morire.
Siamo piccoli bambini tristi che facciamo gioco da grandi,
possiamo bruciare la pistola prima che arrivi la prossima volta,
cani randagi che vivono sull’autostrada camminano con tre gambe
si muovono troppo lentamente per capire il messaggio,
arrendetevi e vincete è tutto quello che ho da dire,
non abbiamo veramente vinto finché non si cessa di
sparare
e non ci sono più ballate per il soldato.






La gerarchia della civilizzazione deve essere rifiutata

Il capitalismo è l'attuale manifestazione dominante della civilizzazione. L'economia capitalista è controllata soprattutto da corporazioni riconosciute dallo Stato: queste organizzazioni sono di proprietà di azionisti che sono liberi di prendere decisioni commerciali senza essere personalmente responsabili per le conseguenze. Legalmente le corporazioni godono dello stesso status degli individui, quindi una parte lesa può attaccare in tribunale solo le risorse della compagnia e non i possedimenti e le proprietà del singolo azionista. Gli impiegati delle corporazioni sono obbligati per legge a creare profitto prima di ogni altro criterio (come la sostenibilità ecologica, la sicurezza dei lavoratori, la salute pubblica, ecc.) e se fanno altrimenti possono essere licenziati, citati per danni o perseguitati. Il capitalismo, come forma di civilizzazione tecnologicamente avanzata, è invadente e utlizza territori sempre più ampi, provocando l'ulteriore diminuzione dello spazio disponibile al vivente per poter fiorire liberamente. Il capitalismo riduce in servitù la vita umana se non la considera utile, se ne sbarazza se la considera inutile. Per soddisfare le necessità basilari sotto il capitalismo molte persone spendono la maggior parte delle loro giornate (dalle 8 alle 12 ore) in un lavoro senza senso, monotono, irregimentato, e spesso dannoso per la psiche e il fisico. A causa della monotonia, dell'alienazione e dell'impotenza che caratterizzano la normale esperienza quotidiana, la nostra cultura esibisce alte percentuali di depressione, malattia mentale, suicidio, dipendenza della droga e relazioni malfunzionanti e abusive, insieme a numerosi modi di esistenza surrogata (attraverso la TV, i film, la pornografia, i videogiochi). La civilizzazione nella sua espressione più efficace il capitalismo ha generato l'autoritarismo, l'asservimento forzato e l'isolamento sociale.
E' indispensabile in un'economia basata su di una divisione del lavoro altamente stratificata impedire una visione dell'insieme all'individuo anche attraverso la manipolazione e l'inganno.
La democrazia praticata su vasta scala è necessariamente rappresentativa e non diretta e quindi incapace di creare organizzazione senza gerarchia e controllo.
Dato che le città e le industrie dipendono dall'esterno, mirano a impadronirsi delle aree circostanti per uso agricolo e industriale, rendendole inospitali sia per l'ecosistema sia per le comunità umane autosufficienti. Quest'area si espanderà in relazione e in funzione di ogni aumento della popolazione o di specializzazione del lavoro che la città sperimenterà. Non esistono esempi storici di economie di produzione che non si espandono, non infiltrano il territorio fisico e psichico circostante per intrinseca ineludibile loro stessa natura. La complessità strutturale e la gerarchia della civilizzazione devono essere rifiutate insieme all'imperialismo politico ed ecologico che si propaga in giro per il mondo. Istituzioni gerarchiche, espansione territoriale e meccanizzazione della vita sono indispensabili affinché possano realizzarsi l'amministrazione e il processo di produzione di massa. Solo le piccole comunità autosufficienti possono convivere con gli altri esseri, umani e non solo, senza imporre loro la propria autorità. 

giovedì 11 febbraio 2016

Programma occulto della scuola

Tutti i bambini di una certa età si riuniscano in gruppi di una trentina, sottoposti all’autorità di un insegnante ufficialmente abilitato, per 500, 1.000 o piú ore l’anno. Che il programma esplicito sia rivolto a inculcare i principi del fascismo, del liberalismo, del cattolicesimo, del socialismo o della liberazione non ha importanza, purché all’istituzione sia riconosciuto il potere di stabilire quali attività siano da considerare istruzione legittima. Non importa che scopo della scuola sia quello di produrre cittadini sovietici oppure statunitensi, dei meccanici oppure dei medici, purché non si possa essere a pieno titolo cittadino o medico senza aver preso un diploma. Non fa differenza dove avvengano le riunioni – in un’autofficina, in un’assemblea legislativa o in un ospedale – purché valga il principio della frequenza. La cosa essenziale nel programma occulto è che gli studenti imparino che l’istruzione ha valore se acquisita a scuola attraverso un processo di consumo graduato; che la misura del successo che l’individuo avrà nel mondo dipende dalla quantità di sapere che avrà acquistato; e che imparare cose sul mondo è piú importante che impararle dal mondo.
La scuola libera ideale cerca invece di fornire istruzione e, contemporaneamente, di impedire che essa serva a istituire o legittimare una struttura classista, che divenga argomento per commisurare l’allievo a qualche parametro astratto, e che lo reprima, lo controlli, lo ridimensioni.
La descolarizzazione della società non è altro che una mutazione culturale, mediante la quale un popolo ricupera l’uso effettivo delle proprie libertà costituzionali: è la libertà di apprendere e di insegnare esercitata da uomini che sanno di essere nati liberi, non che vengono educati alla libertà.

LE VOSTRE MANI E LE LORO MENZOGNE di Nazim Hikmet

Le vostre mani austere come pietre,
meste  come nenie intonate in prigione,
massicce e enormi come animali strani,
le vostre mani simili a volti crucciati di bimbi affamati.

Le vostre mani rapide e solerti come api,
pesanti come seni colmi di latte,
valorose come la natura,
le vostre mani che celano una familiare tristezza sotto la ruvida pelle.

Il mondo non si regge sulle corna dei buoi,
il mondo è retto dalle vostre mani.
O uomini, uomini miei!
Vi nutrono di menzogne,
mentre affamati
avete bisogno di pane e carne.
E senza aver neppure una volta mangiato a sazietà
Ad una tavola coperta di bianca tovaglia
Abbandonate questo mondo
E i suoi alberi carichi di frutta.

O uomini, uomini miei!
Soprattutto voi dell' Asia, del Medio e Prossimo Oriente,
delle isole del Pacifico e della mia terra,
che superate il settanta per cento del genere umano,
antichi e riflessivi, siete, come le vostre mani
e come le vostre mani giovani e curiosi ed entusiasti.

O uomini, uomini miei!
Voi dell' Europa, voi dell' America
Siete audaci, siete vigilanti,
indulgenti siete come le vostre mani,
e come le vostre mani facili all' inganno, facili all' illusione…

O uomini, uomini miei!
Se mentiscono le antenne,
se le tipografie mentiscono,
se mentiscono le insegne sui muri e gli avvisi del giornale,
e se mentiscono sul bianco schermo le nude gambe delle danzatrici,
se mentiscono le preghiere,
se i sogni mentiscono,
se mentiscono le nenie,
se mentisce il suonatore nella taverna,
se dopo una giornata disperata mente nella notte il raggio di luna,
se mentiscono le parole,
se mentiscono i colori,
se le voci mentiscono,
se tutti coloro che sfruttano il lavoro delle vostre mani
ed ogni cosa ed ognuno mentisce,
eccetto che le vostre mani
è solo per renderle pieghevoli come argilla bagnata,
cieche come l' oscurità,
stupide come cani da pastori,
è per frenarle nella rivolta
che prende ad abbattere
il regno degli strozzini e la sua tirannia
su questo meraviglioso e fugace mondo
dove siamo per un soggiorno così breve.

Ecco che cos'è l'anarchia di Piotr Kropotkin

Ecco che cos'è l'anarchia, e cosa sono gli anarchici:
Gli anarchici, signori, sono dei cittadini che, in un secolo nel quale dappertutto si predica la libertà d'opinione, hanno creduto loro dovere affidarsi alla libertà illimitata.
Sì signori, noi siamo, in tutto il mondo, alcune migliaia, alcuni milioni, di lavoratori che rivendicano la libertà assoluta, nient'altro che la libertà, tutta la libertà!
Noi vogliamo la libertà, cioè noi reclamiamo per ogni essere umano il diritto e la possibilità di fare tutto ciò che gli piace, e di non fare ciò che non gli piace; di soddisfare integralmente tutti i suoi bisogni, senza altro limite che le possibilità naturali, e i bisogni altrettanto rispettabili dei suoi vicini.
Noi vogliamo la libertà, e noi crediamo che la sua esistenza sia incompatibile con il permanere di un potere qualsiasi, quali che siano la sua origine e la sua forma, che sia stato eletto od imposto, monarchico o repubblicano, che si ispiri al diritto divino o al diritto popolare, alla Santa Ampolla o al suffragio universale.
La storia è li per insegnarci che tutti i governi si rassomigliano e si equivalgono. I migliori sono i peggiori. Negli uni c'è più cinismo, negli altri più ipocrisia! In fondo, sempre gli stessi comportamenti, sempre la stessa intolleranza. Anche quelli in apparenza più liberali hanno pronta, sotto la polvere degli arsenali legislativi, qualche buona piccola legge sull'Internazionale ad uso delle opposizioni fastidiose.
In altri termini, secondo gli anarchici, il male non consiste in una data forma di governo piuttosto che in un'altra. Risiede nel concetto stesso di governo, nel principio di autorità.
Il nostro ideale consiste nel basare i rapporti umani su di un libero contratto, che possa essere sempre rivisto e sciolto, al posto dell'attuale tutela amministrativa e legale, dell'attuale disciplina imposta dall'esterno.
Non c'è libertà senza eguaglianza! Non c'è libertà in una società in cui il capitale è monopolizzato nelle mani di una minoranza che si va riducendo tutti i giorni e in cui nulla è ripartito secondo giustizia, neppure l'educazione pubblica, che pure è pagata con i denari di tutti.
Noi crediamo che il capitale, patrimonio comune dell'umanità, poiché è il frutto della collaborazione delle generazioni passate debba essere a disposizione di tutti, di modo che nessuno ne possa essere escluso; d'altro lato nessuno deve potersene accaparrare una parte a danno degli altri.
Ecco perché siamo marchiati d'infamia. Scellerati che noi siamo! Noi reclamiamo il pane per tutti, il lavoro per tutti; per tutti l'indipendenza e la giustizia.
(Tratto dalla dichiarazione degli imputati anarchici davanti al tribunale correzionale di Lione, il 19 gennaio 1883)

giovedì 4 febbraio 2016

LA ESCUELA MODERNA SECONDO LE PAROLE DI FERRER

Non siamo semplicemente un altra scuola, siamo la prima e per ora l’unica che rifiuta la sottomissione al potente, che eleva i diseredati,che afferma l’uguaglianza delle classi e dei sessi, che mette alla portata dei bambini e bambine la conoscenza della natura e delle ultime scoperte scientifiche  come omaggio dovuto alla verità e alla giustizia.
ll fine massimo prevedibile cui la civiltà dell’uomo può giungere è la libertà dell’individuo nella società retta soltanto da liberi e sempre recidibili patti.
Il fanciullo nasce senza idee preconcette e il suo migliore educatore sarebbe soltanto colui che meglio fosse in grado di rispettare la volontà fisica, morale ed intellettuale del fanciullo, anche contro lo stesso educatore.
La scuola deve avere un carattere apertamente rivoluzionario contro l’autorità della chiesa e dello stato intimamente coalizzati al potere.
Vogliamo uomini capaci di evolversi senza posa, capaci di distruggere e rinnovare il proprio ambiente senza posa, rinnovando se stessi.
Si comincia a comprendere quanto inutili siano le cognizioni apprese alla scuola, coi sistemi di educazione attualmente in pratica; ci si accorge che si è atteso e sperato troppo.
Francisco Ferrer
L’organizzazione della scuola oggi, fa dell'istruzione il più potente mezzo di asservimento nelle mani dei dirigenti. I maestri sono gli strumenti coscienti o incoscienti della loro volontà; elevati del resto secondo i loro principi. I maestri di scuola fin dalla più giovane età sono educati negli istituti a subire la disciplina dell'autorità; e ben rari sono quelli che sfuggono al suo dominio e quelli che ci riescono rimangono nell'impotenza, poiché la ferrea organizzazione scolastica li avvince in modo da rendere impossibile ogni cosciente disobbedienza. Io non voglio far qui il processo dell'attuale organizzazione scolastica. Essa è abbastanza conosciuta perché si possa caratterizzarla, senza timore di smentita, con una sola parola: coazione. La scuola imprigiona i fanciulli fisicamente, intellettualmente e moralmente, per dirigere lo sviluppo delle loro facoltà nel senso voluto; li priva del contatto della natura per poterli modellare a sua guisa. E qui sta la spiegazione di tutto ciò che ho detto fin qui, la preoccupazione dei governi di dirigere l'educazione dei popoli, in modo che siano frustrate le speranze degli uomini di libertà. L'educazione non è oggi che una formazione materiale di strumenti per un dato scopo. Non credo affatto che i sistemi impiegati a tal scopo siano stati combinati apposta con esatta conoscenza di cause, per ottenere i risultati voluti; ciò sarebbe troppo geniale, per quanto cattivo. Ma le cose vanno esattamente come se quest'educazione rispondesse a un vasto disegno complesso realmente concepito. Non si poteva far di meglio e per realizzarlo è bastato inspirarsi semplicemente ai principi di disciplina e di autorità che hanno guidato gli organizzatori sociali di tutti i tempi.


PUNISHMENT PARK di Peter Watkins

1970. LA GUERRA in Vietnam si sta aggravando. Il presidente Nixon ha deciso una campagna di bombardamenti segreti della Cambogia, che portano ad una enorme protesta pubblica negli Stati Uniti e altrove. Nixon dichiara lo stato di emergenza nazionale, e  attiva l’Act 1950 sulla sicurezza interna (la legge McCarran), che autorizza le autorità federali, senza riferimento al Congresso, a detenere le persone giudicate "un rischio per la sicurezza interna ". Questa legge permette di creare campi di detenzione per la sinistra radicale e per tutti i sovversivi in genere, in caso di una possibile insurrezione. All’interno di questi campi dove i rivoluzionari vengono confinati senza il dovuto procedimento legale, si offre loro la scelta tra scontare quindici anni in un campo di concentramento o passare tre giorni in uno speciale parco di punizione. Qui essi devono cercare di raggiungere a piedi e senz’acqua una bandiera americana lontana circa cinquanta miglia in una zona arida e desertica, mentre vengono inseguiti e se possibile catturati dalla polizia e dalla Guardia Nazionale. Se raggiungono la meta sono liberi, altrimenti devono scontare la loro pena.
Punishment Park, film underground semisconosciuto dei primi anni '70 è un po' il paradigma di quel che furono quegli anni. Non solo la storia è un manifesto anti-imperialista, anti-sistema e anti-militarista, ma il fatto in se che un film così lo si riuscisse a produrre e in qualche modo anche a distribuire è significativo. Il film è realizzato come un falso documentario, escamotage narrativo certamente poco comune quaranta anni fa, e fa della semplicità il suo punto di forza. Il fatto poi che la situazione rappresentata in un film del 1971, con un governo USA che in nome della sicurezza nazionale elimina ogni libertà individuale, sarebbe facilmente applicabile ai giorni nostri è assai preoccupante.
Il film nasce sull'onda della contestazione contro la guerra in Vietnam, e in generale contro la politica di Richard Nixon, e suona come implacabile denuncia di un sistema che sceglie l'arma della repressione poliziesca per soffocare o imbavagliare il dissenso interno. Le situazioni sono volutamente esasperate, ma il materiale di repertorio delle dimostrazioni di piazza ed il taglio documentaristico della regia danno alla storia una parvenza di attualità.
Il film è assolutamente inquietante, la tensione non cala di un solo secondo e per alcuni versi risulta quasi profetico nel dipingere un futuro dispòtico dove imperversa lo stato di polizia.
Lo scandalo e le violente polemiche che accompagnarono l'uscita del film indusse la distribuzione a ritirarlo quattro giorni dopo la sua presentazione al pubblico di New York. 


       




Reinventarsi la vita ogni giorno

Solo dei morti o degli zombi possono ignorarlo, perché essere in vita significa, appunto, per ognuno, reinventarsi creativamente ogni giorno, lasciarsi portare spontaneamente dalla propria voglia/volontà di vivere a rifiutare a ogni tornante l’addomesticamento produttivista che insidia appunto la creatività e il dono da cui derivano istanti di felicità. Il susseguirsi di tali istanti nel’universo caleidoscopico di un’esistenza dà un senso alla nostra vita. Bene o male che ci si riesca, è comunque sempre su questo punto che si giocano tutte le prospettive dell’umano in una società disumanizzata dal profitto e dalle sue regole.
Quella che in mancanza di meglio (o di un termine adeguato) continuiamo a chiamare democrazia diretta, a differenza di tutte le altre forme di governo che l’hanno preceduta, non è una nuova forma di potere ma la primizia concreta della sua definitiva abolizione.
Una tale rottura di paradigma, tuttavia, implica anche un cambiamento radicale nei metodi e nei mezzi della lotta politica. Essa segna definitivamente la fine di ogni possibile leninismo, di ogni avanguardia che s’instauri per auto proclamazione nella gestione degli affari comuni.
Il vecchio mondo fondato sulla proprietà privata e sulla divisione del lavoro è disponibile a tutte le variazioni della scala gerarchica ma non può minimamente sopportare che la gerarchia sia abolita senza scomparire ipso facto. 
In questo senso la democrazia diretta è incompatibile con la società dominante fondata sulla coppia Stato/mercato quanto con tutte le forme alienate di contestazione sociale. 
Finché il potere in difficoltà riuscirà a identificare un’avanguardia separata come nemico, la recupererà o l’abbatterà per sopravvivere, indicandola alle masse confuse come capro espiatorio di turno. 
Si può osservare con tristezza e consapevolezza che finora tutti i tentativi avanguardisti d’instaurazione di una democrazia diretta sono falliti nella repressione e nel sangue. 
La vita appartiene a una nobiltà poetica di signori senza schiavi, 
il legame tra le nostre emozioni individuali, la loro valenza soggettiva e il loro depositarsi in dono e partecipazione sociale, trasforma l’ambito del politico in critica pratica della vita quotidiana.