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giovedì 5 novembre 2015

Critica del linguaggio

La serie di attentati contro il linguaggio, che va dalle composizioni maccheroniche del Medioevo a Jean-Pier Brisser passando per le orde iconoclaste, prende la sua vera luce dall’esplosione dadaista. La volontà di dar battaglia ai segni, al pensiero, alle parole, corrisponde per la prima volta nel 1916 a una vera crisi della comunicazione. La liquidazione del linguaggio, così spesso intrapresa speculativamente tentava di realizzarsi storicamente. Finché un’epoca serbava tutta la sua fede nella trascendenza del linguaggio e in Dio, il signore di ogni trascendenza, il dubbio nutrito circa i segni faceva parte dell’azione terrorista. Quando la crisi dei rapporti umani ebbe spezzato il tessuto unitario di comunicazione mistica, l’attentato contro il linguaggio assunse il carattere di una rivoluzione. Tanto che si è quasi tentato di presumere, alla maniera di Hegel, che la decomposizione del linguaggio abbia scelto il movimento Dada per rivelarsi alla coscienza degli uomini. Nel regime unitario, la stessa volontà di giocare con i segni è rimasta senza eco, in qualche modo tradita dalla storia. Denunciando la comunicazione falsificata, Dada avviava lo stadio di superamento del linguaggio, la ricerca della poesia. Il linguaggio del mito e il linguaggio dello spettacolo si arrendono oggi alla realtà che li sottende: il linguaggio dei fatti. Questo linguaggio, portatore della critica di tutti i modi di espressione, porta in sé la propria critica. Poveri sotto-dadaisti! Per non aver capito niente del superamento necessario implicato da Dada, continuano a spappagallare che i nostri sono dialoghi di sordi. Così hanno la loro mangiatoia ben fornita nello spettacolo della decomposizione culturale.
Il linguaggio dell’uomo totale sarà il linguaggio totale; forse la fine del vecchio linguaggio delle parole. Inventare questo linguaggio è ricostruire la persona anche nel suo inconscio. Nel connubio infranto dei pensieri, delle parole, dei gesti, la totalità si cerca attraverso la non-totalità. Bisognerà parlare ancora fino al momento in cui i fatti permetteranno di tacere.   

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