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giovedì 1 ottobre 2015

SPIDER di David Cronenberg

Chi è Spider? Il nomignolo di Spider risale all'infanzia del protagonista, datogli dalla madre a causa della sua mania di tessere nella sua camera una grande ragnatela di tessuto. Nel passato la ragnatela servirà a Spider per proteggersi dal mondo che lo aspetta al di fuori della sua camera, nel presente gli servirà a catturare e imprigionare i suoi frammenti di ricordi. Citando Aitareya Upanisad "Noi siamo come il ragno. Tessiamo la nostra vita e poi ci muoviamo lungo essa. Siamo come il sognatore che sogna e poi vive nel suo sogno”.
Spider è un genietto di otto anni che costruisce ragnatele per fermare l’attimo fuggente e difendersi dall’ineluttabile panta rei (il tempo che scorre). Spider è un uomo di circa quarant’anni che,  dimesso dall’ospedale psichiatrico, cerca e ritrova il proprio passato in un quartiere periferico di Londra. Spider è un bambino che, in preda al complesso edipico, non riesce ad accettare che la madre ami lui ma anche il padre, e in maniera piuttosto diversa. Spider è un adulto disturbato che annota tutto il proprio passato su un block-notes in un linguaggio che è, a noi indecifrabile. Spider ha, da bambino, paura e timore del padre.
Spider rivede la madre nell’anziana istitutrice che dovrebbe aiutarlo a reinserirsi nella vita normale. Spider si sdraia in posizione fetale nella vasca, immerso nell’acqua, alla ricerca dell’utero materno. Spider detesta la "meretrice" che sottrarrà al padre e a lui stesso il caldo abbraccio della madre. Spider sa che il padre ha ucciso la madre in un momento di animalesco abbandono. Spider è consapevole che il gas, in tutta la faccenda, ha giocato un ruolo primario. Spider è uno psicopatico che ci racconta le tragedie che hanno costellato la sua esistenza, snocciolandole a morsichi e bocconi, tra un’apertura e l’altra della preziosa valigetta che conserva il "tesoro". Spider ha poche certezze: quattro camice indossate una sopra all’altra, un giro di spago che blocca un pezzo di cartone, le immancabili sigarette. E poi solo i ricordi. 
Spider si rivela un film magnifico, duro e freddo come una necroscopia, senza speranza ne soluzioni. Ispirato all'omonimo romanzo di Patrick McGrath, Spider tratteggia con rara potenza una metafora sull’ambiguità della narrazione cinematografica. Il virus, concetto caro a Cronenberg, qui è quello della follia, che sconvolge il meccanismo del racconto, stabilisce compresenze paradossali (lo Spider piccolo e grande che dividono le stesse inquadrature), rende impossibile ogni ricostruzione, ogni “spiegazione” definitiva. Un film che è una formidabile tela di ragno. L’intento dichiarato di Cronenberg e di McGrath era quello di riuscire a rappresentare, condizione umana quasi irrappresentabile, dall’interno della stessa, dal fondo delle sue oscure fondamenta, dal punto di vista dei suoi insondabili rebus.
Spider non è (solo) la troppo lineare messa in scena di un percorso di rievocazione, su basi psicoanalitiche, della follia di un uomo. Piuttosto è il salto in un cinema in cui la tensione e l'inquietudine derivano dal contrasto tra una lucidità che è coscienza completa di sé, dei propri mezzi di messa in scena e della storia narrata, e il sentimento istintivo e acuto provocato dalla distorsione sotterranea della realtà filtrata attraverso la tela della malattia, fatta di corde tese e ben in vista nella stanza, per le scale e fino alla cucina. Ma la cui razionale geometria nasconde un tragico ed ingenuo progetto di morte.



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