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giovedì 16 aprile 2015

Critica della vita quotidiana per l’autogestione generalizzata

Di fronte alla società dello spettacolo che ha integrato in un magma alienante le diverse qualità di tutti i poteri del passato, la critica della vita quotidiana si manifesta come la sola vera pratica soggettiva del proletariato rivoluzionario. In ogni atto di resistenza all’addomesticamento che inquina ogni attività umana, dal gioco all’amore, passando per ogni creazione di beni o di bellezza, emerge la volontà di vivere dell’animale umano sulla via di diventare effettivamente un essere umano.
Comunque la si guardi, una tale critica ha come obiettivo politico l’autogestione soggettiva di ogni ambito di una vita quotidiana sottratta alla sua versione spettacolare. Ciò che collega questa critica pratica al suo obiettivo politico finale - l’autogestione generalizzata della vita quotidiana - è un processo storico di transizione in cui si esercitano gli ultimi essenziali atti di quella che fu la lotta di classe.
L’ultima ha come obiettivo centrale l’instaurazione di una democrazia diretta che lungi dal realizzare un’assurda dittatura del proletariato metta in gioco la libertà, l’uguaglianza e la fraternità non più a vantaggio di una nuova classe dominante ma per tutti indistintamente, appunto attraverso l’auto abolizione del proletariato come ultima classe della storia.
La continuità del potere è andata dal capo tribù al sacerdote, dai re agli imperatori e ai presidenti senza interruzione; si è avvalsa di monarchie e repubbliche e di ogni tipo di oligarchia fino alla democrazia rappresentativa che, pur essendo la più sublime, colta e affinata forma di diseguaglianza sociale sperimentata, conserva comunque le stigmate oclocratiche della corruzione, del nepotismo e dei privilegi che tiranneggiano una cospicua parte dei suoi sudditi. 
La democrazia diretta tende al minimo possibile di governo formale perché è il governo di tutti fondato sulla libertà di ciascuno.
Oggi, per la prima volta, l’ipotesi della democrazia diretta si pone oltre ogni avanguardia, non come un’utopia, ma direttamente come possibile atto concreto di auto abolizione positiva il quale, anziché indignarsi, finirà per rifiutare semplicemente di finanziare lo Stato gestito da politici corrotti e di pagare i banchieri che trafficano il Mercato promettendo il ritorno di un privilegio bieco.
Quarant’anni fa, la declamazione poetica del “vivere senza tempi morti e godere senza ostacoli” esprimeva, per esempio, l’esatto contrario dell’assuefazione alienata che spinge oggi gli schiavi che si credono liberi a godere come conigli eccitati da ogni feticcio mercantile, nel consumo di esseri e cose venduti come oggetti di un piacere fittizio ma redditizio. 
Il godimento della vita appartiene a una nobiltà poetica di signori senza schiavi, mentre l’edonismo della sopravvivenza rinvia alla ripetitiva eiaculazione precoce di ogni servitore volontario.

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