Translate

giovedì 5 febbraio 2015

LA FESTA PERDUTA di Pier Giuseppe Murgia

In una giornata primaverile del '77, in una Roma centro di tante contraddizioni sociali e culturali, cinque giovani di varia estrazione sociale si incontrano. Frequentano una radio privata allo scopo di proiettare i loro sogni, le loro utopie e la loro ingenua confusione culturale. Alla radio, come in tutti i movimenti, esistono i vari conflitti. Alcuni cercano la creatività, altri puntano alla sfida al potere. Poi, un giorno, irrompe la polizia. Una giovane del gruppo è colpita a morte. Il movimento è disorientato. Prevarrà la scelta dura. 
Seguiamo quindi la vicenda di quattro giovani romani: Luca figlio di un generale; Giovanni, sardo; Sara, insegnante, e Matteo, accomunati dall'odio contro l'ordine borghese, dalla decisione di ricorrere agli espropri proletari e di usare la violenza armata. Questo, dopo scontri violenti con la polizia, durante i quali è stata uccisa la ragazza di Giovanni. Luca è il duro del comando. Sotto la sua guida i quattro terroristi uccidono a sangue freddo due agenti, rompono con i compagni contrari alla violenza, rapinano un ufficio e fuggono a Genova, ove, mentre compiono un esproprio proletario, sono sorpresi dalla polizia e uccisi, eccetto Luca che si rifugia a Parigi dove rendendosi conto della strumentalizzazione che il potere fa della lotta armata e sconvolto dalla morte dei compagni si suicida.
Un film praticamente introvabile, è uno dei primi film sul terrorismo, siamo nel 1977, nel passaggio dalla contestazione alla lotta armata, il film è di una chiarezza e di una sincerità uniche, ci sono molte cose interessanti dentro, delle piccole storie laterali, che descrivono bene la partecipazione iniziale ai diversi movimenti che oggi si chiamerebbero antagonisti, anche con le motivazioni più svariate, e lo scivolare verso scelte radicali, a cominciare dagli espropri proletari per finire alle rapine di autofinanziamento, non fidandosi di nessuno con sempre in agguato le strumentalizzazioni dei gruppi di potere legati ai servizi segreti italiani come esteri, o addirittura nemmeno identificabili.
La festa perduta vince il primo premio al recente Festival di San Sebastiano, nella Sezione «nuovi realizzatori». «Fu un anno — spiega il regista — in cui larghe masse di giovani, tra i diciassette e i ventuno anni, sfociarono, dopo il '68, in un'esplosione contestativa con empito creativo e fantasioso, alla ricerca di una socialità nuova. Via via però, i gruppi cominciarono a spaccarsi e la parte migliore del movimento al suo interno fu scalzata dai propugnatori della violenza. Personalmente, mi rendevo conto in modo drammatico che ragazzi che avevo conosciuto, freschi e vivaci, mi sparivano d'incanto davanti agii occhi, scegliendo la clandestinità. La prima sollecitazione al film è nata, da un fatto emozionale (la morte di Giorgiana Masi), insieme con Domenico Alcotti, che aveva vissuto da vicino quelle esperienze, ho allora iniziato, nel 1977, a scrivere la sceneggiatura cercando di arrivare a comprendere e far comprendere, dal di dentro, quali fossero state, da un lato, le radici dello spontaneismo e, dall'altro, quali potessero essere le motivazioni da cui era scattato il meccanismo che ha condotto una parte di operai e giovani a dirigersi, verso una totale asocialità. Attraverso una narrazione distaccata, che non tende né alla vittimizzazione né alla demonizzazione, soprattutto nulla volendo mercificare, proponendosi un'analisi che dal punto di vista figurativo, si svolge in chiave di ballata metaforica, simbolica per quanto riguarda l'altro versante, e cioè le istituzioni». E la fine di una delle ragazze, non è tanto la molla che porta al trapasso verso la violenza, quanto il momento culminante sia dell'azione ludica sia della repressione. 



Nessun commento:

Posta un commento