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giovedì 26 febbraio 2015

DIALETTICA RADICALE

Il punto di vista della dialettica radicale supera la politica nello stesso movimento in cui, definendola quale strumento esclusivo della controrivoluzione, se ne separa definitivamente.

Dalle aberrazioni ideologiche e clamorosamente controrivoluzionarie come quelle dei movimenti di liberazione nazionale, “sessuale”, delle donne, degli studenti, degli omosessuali, delle minoranze etniche, dei “minorati”, dei drogati, degli operai, dei bambini, degli animali, degli impiegati e delle piante verdi, può scaturire, come in effetti non passa giorno che non scaturisca, la consapevolezza duramente conquistata della reale posta in palio: la liberazione della specie dall’ideologia, il superamento necessario di ogni separazione, la conquista armata del punto di vista della totalità.

Ultimissima, l’ideologia del teppismo e del furto, se supera di fatto gli stilemi obsoleti della politica militante, opera sulla soggettività rivoluzionaria che i comportamenti criminali e genericamente illegali esprimono a livello delle scelte individuali, un recupero che ne scarica all’istante ogni tensione positiva. Non appena si appaghi di essere il trasgressore abituale di ogni norma, il criminale affoga il proprio progetto d’essere nel semplice e caricaturale non essere ossequiente alla normativa in quanto tale, che ne diviene perciò, e semplicemente la norma in negativo: l’avere in luogo dell’essere. La coazione a ripetere è il tratto miseramente maniacale che degrada a routine, e a ripetizione nostalgica, la creatività effettivamente insurrezionale del colpo di mano. 

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