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giovedì 15 gennaio 2015

La dittatura del consumabile

Nell’economia dominata dagli imperativi di produzione de capitalismo di libero-scambio, la ricchezza conferisce da sola la potenza e gli onori. Nella dittatura del consumabile, il denaro fonde come neve al sole. La sua importanza deve decrescere a profitto di oggetti, più rappresentativi, più tangibili, meglio adatti allo spettacolo dello Welfare State. Il suo impiego non è già contingentato dal mercato dei prodotti di consumo che diventano, rivestiti di ideologia, i veri segni del potere? La sua ultima giustificazione risiederà ben presto nella quantità di oggetti e di gadget che esso permetterà di acquistare e di consumare a ritmo accelerato; nella loro quantità e nella loro successione esclusivamente, perché nello stesso tempo la distribuzione di massa e la standardizzazione tolgono loro automaticamente l’attrattiva della rarità e della qualità. La facoltà di consumare molto e a cadenza rapida, cambiando macchina, alcool, casa, telefonino, ipod, tablet, radio, donna/uomo, indica ormai sulla scala gerarchica il grado di potere al quale ciascuno può pretendere. Dalla superiorità del sangue al potere del denaro, dalla superiorità del denaro al potere dei gadget, la civiltà cristiana e socialista raggiunge il suo stadio estremo: una civiltà del prosaicismo e del dettaglio volgare.
Il potere d’acquisto è la licenza di acquistare potere. Il vecchio proletariato vendeva la sua forza-lavoro per la propria sussistenza; il suo scarso tempo libero egli lo viveva, bene o male, in discussioni, liti, giochi di osteria e d’amore, in strada, in feste e in sommosse. Il nuovo proletariato vende la sua forza-lavoro per consumare. Quando non cerca nel lavoro forzato un promozione gerarchica, il lavoratore e invitato ad acquistare degli oggetti che lo ancoreranno agli indici della scala sociale.
È venuto il tempo in cui l’ideologia del consumo diviene consumo di ideologia.  

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