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giovedì 20 marzo 2014

la follia come distruzione del composto

la follia come distruzione del composto di caos e forma, come assenza d’opera. l’uomo è deterministicamente derivato da una molteplicità di eventi inintelligibili e perciò non deve essere ritenuto moralmente responsabile di nulla. La volontà di potenza garantisce una labile apertura-una possibilità di trascendenza-in cui l’uomo può ricominciare da capo. Tuttavia, costretta tra necessità e libertà, la volontà non è mai radicalmente libera e non può cambiare del tutto il proprio essere-così-e non-altrimenti. Non si può quindi accusare l’uomo per le sue trasgressioni, perché «la nostra addomesticata, mediocre e castrata società», ha reso ammalato l’individuo superiore. La vergogna era quindi un risultato della malattia morale; il senso di colpa, un’invenzione dell’etica giudaico-cristiana. Una corruzione codificata in tratti impressi da molti millenni che ha prodotto una prigione debilitante per il corpo. fantasie sfrenate e pulsioni libidico-distruttive non sono immorali, ma naturali. Le perversioni sono esperienze-limite, punti di non-ritorno, che aprono l’accesso alla dimensione dionisiaca sbarrata all’animale umano. La volontà di potenza è volontà di trasgressione, al di là del bene e del male. Le pulsioni naturalmente crudeli, sono state imprigionate, codificate all’interno dell’uomo e trasformate in nuove pulsioni virtualmente distruttive. L’essere umano non ne è responsabile. La genealogia delle tecniche di controllo delle pulsioni folli è configurata dalla storia della segregazione e clausura sociale inaugurata dall’età classica. Il folle risulta così innocente: la colpa è solo della società, l’unica responsabile del crimine. La nascita della moderna ragione occidentale si annuncia con-chiudendo e rimuovendo lo spazio aperto dall’esperienza della sragione. Nietzsche, come Sade, Holderlin, Nerval, Van Gogh, e a suo tempo Artaud, sono gli araldi del canto lontano della obliata sragione. Le loro opere, freudianamente perturbanti, liberano dalla rimozione le energie animali umane. Irrompono in un delirio di fantasie crudeli e morbose prima di immergersi nel silenzioso abisso della follia o nel tragico abbraccio con la morte. l’Es è sovente raffigurato, nella psicoanalisi, come un oceano, le cui acque agitate e oscure riproducono l’inquietudine della schizofrenia, come nella Nave dei folli di Bosch. Il superuomo è colui che si riappropria dell’assenza, del vuoto sottratto alla pazzia rimossa: coincide con il folle. Foucault in molti dibattiti dell'epoca ribadì, a più riprese, che considerava l'esperienza della follia il punto più vicino alla conoscenza assoluta, prendendo quella nietzscheana come paradigma.

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