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venerdì 27 dicembre 2013

Dell’amore affinato come creazione di un mondo nuovo

C’è nell’amore della vita la totalità dell’amore. La corruzione dell’uno comporta quella dell’altro. Siccome non c’è nulla che sia così incompatibile con l’economia come l’amore e la vita, una sorte comune ti condanna all’incompiutezza, un’opinione millenaria li classifica nel novero delle chimere. Nell’ordine delle cose che è la fatalità disumana di un’umanità di produttori, la vita e l’amore non esistono, né possono esistere.
Tuttavia il mondo cambia di base, non nelle trepidazioni, così disperatamente sperate, della Grande Sera. Non mediante quelle rivoluzioni che non furono fin nella risolutezza stessa di quelli che si illudevano di guidarle se non le contorsioni della merce in via di mutazione. Il crollo della nostra civiltà e lo snaturamento della terra sono improvvisamente altrove nello spazio e nel tempo per chi rifiuta di marcire nella decrepitezza della redditività e del potere concorrenziale. Se la vita sgorga e porta le sue devastazioni nei circuiti di mille morti quotidiane, laboriosamente programmate, vuol dire che la sopravvivenza non riesce più ad ostruirla con il peso della sua impostura.
Come insegnano ormai i bambini, il piacere di vivere non deve più affermarsi pagando un tributo alla retorica della sua sconfitta. A dispetto delle antiche oppressioni, l’amore di sé, quale lo scoprono l’infanzia e la nuova coscienza degli amanti irradia da una potenza di cui la potenza industriale, perfettamente concentrata nell’irradiazione nucleare, sarà stata il mortale surrogato. È il motivo per cui noi consideriamo l’esigenza amorosa di essere tutto, in ogni tempo e ovunque, come l’unica alternativa alla società mercantile.
O l’economia porterà a compimento la perdizione del vivente, o la società si fonderà sulla predominanza dei desideri affrancati dall’universo mercantile. O noi periremo nella stupidità crescente del profitto e del prestigio promozionale, o il primato del godimento porterà alla rovina il lavoro attraverso la creatività, lo scambio mediante il dono, il senso di colpa tramite l’innocenza, la volontà di potenza grazie alla volontà di vivere, gli appagamenti angosciati per mezzo del ritmo naturale del piacere e del dispiacere.
Una scommessa è aperta. Tra la tendenza ad abbandonare il meglio per il peggio, e la trasmutazione dell’Es individuale. Tra il disprezzo di sé, questa virtù, di cui si onora lo schiavo, di rimettersi ad una guida uomo politico, prete, medico, psicanalista, pensatore, istituzione, governo, e un arte di godere, pazientemente decantata dalle impregnazioni della morte. 

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