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giovedì 12 settembre 2013

PER LA SIGNORA DELLA PORTA ACCANTO di Goffredo Firmin

Ma lo ha (finalmente) capito, Signora,
lei che per le ataviche e non immotivate paure delle guerre,
anzi della Guerra, incubo dei nostri poveri destini,
si è comperata, accaparrata, imboscata
tanto di quello zucchero e di quelle patate che adesso (adesso)
è obbligata ad inventarsi di torte (dolcissime)
per figli e nipoti e cugini e parenti,
quantità di frittate omelettes tortillas (sempre alle patate)
giusto per svuotare un poco l’ingombra dispensa?
Lo ha capito che in verità, la verità vera degli uomini d’onore,
tutti hanno voluto e vogliono sempre e soltanto la pace?
I bagliori di guerra, i fulmini artificiali, i corpi devastati,
le facce (oh le facce!) dei guerrieri e dei prigionieri,
dei morti immobili e di quelli semoventi,
i carri armati come scarafaggi e le armi di Batman,
tutto questo Signora, era solo per la televisione,
insomma per noi.
O per sbarazzarsi del vecchiume, farla finita, e correre
Correre con il fiato in gola verso il Nuovo Mondo
(giusto giusto in tempo per il cinque centenario
- si dirà così? –
Della umanissima scopertissima dell’Americanissima),
per digerire assorbire il bene ed evacuare vomitare il male,
per lasciare tracce di forze vestite nella storia,
nella Storia di tutte le storie. 
O rianimare eccitare gli esangui Diritti dell’Uomo
(le donne e i bambini sono compresi:
si compra tre e si paga uno),
per far parlare un po’ tutti, generali e papi,
uomini della strada e dèi,
per giustificare spiegare quello che c’è e quello che manca,
per sfamare di notizie fresche un popolo triste
di ben sei miliardi (mica chiacchiere) di cittadini universali.
Per far aumentare le vendite sempre in crisi dei giornali
sempre in crisi sempre in crisi,
per far salire l’indice di ascolto tv, la audience (lei lo sa, Signora)
che, disgraziata, è sul filo, sempre col terrore del
telecomando.
È stato un gioco, Signora, è un gioco e lei c’è cascata.
In realtà tutti vogliono la pace, la pace, la pace,
quella vera, quella giusta, quella unica,
quella quieta e silenziosa che lei, Signora, conosce benissimo
tutte le domeniche e qualche volta anche il venerdì (se càpita).
Quella dolce pace che lei avverte quando – e quanto! –
porta gli allegri fiorellini (meglio quelli di campo) al fu
Antonio Domenico Pasquale Giuseppe Giovanni,
tutto tranquillo e silenzioso, lì, in pace, infine in pace
dopo un’intera vita (intera intera) spesa esemplarmente
come figlio studente fidanzato marito padre lavoratore morto
(ricorda quanto le sono costate quelle poche righe sul giornale
e la foto da metterci sopra che sembrava proprio lui?).
Non si preoccupi, Signora, abbia fede,
ci arriveremo tutti insieme, se non ci siamo già arrivati.
Spenga la televisione e accenda lo zucchero e le patate.
(Milano, marzo 1991)



  
  

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