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giovedì 25 ottobre 2012

Descolarizzare la nostra visione del mondo


All’inizio del secolo XVII cominciò ad affermarsi un nuovo consenso, intorno all’idea che l’uomo nascesse inidoneo alla società e tale rimanesse se non gli si forniva una “educazione”. L’educazione venne così a indicare l’opposto dell’attitudine vitale. L’educazione si identificò con una merce, immateriale che andava prodotta a beneficio di tutti, e a tutti dispensata nella stessa maniera. La giustificazione al cospetto della società divenne la prima esigenza dell’uomo, che viene al mondo in una condizione di stupidità analoga al peccato originale.
L’interesse ad educare la propria prole è antico ma si è dovuto attendere l’età moderna per vedere un sistema razionale di repressione, controllo e ridimensione del Sapere. L’idea di fondo della scolarizzazione istituzionale è che gli uomini non nascono uguali, ma lo diventano grazie ad un periodo di gestazione nel ventre della scuola, che guida a staccarsi dal proprio ambiente naturale, per approdare nella società civile come idonei cittadini-consumatori.
La scuola-istituzione, oltre a trasformare il sapere in merce e le attività umane in prestazioni professionali, è riuscita a legittimare la gerarchia del privilegio e del potere – nel medioevo affidata al favore del re o del papa – attraverso l’istituto liberale dell’istruzione obbligatoria che autorizza colui che è ben scolarizzato a considerare colpevole chi resta indietro nel consumo di sapere, in quanto dispone di un titolo inferiore.
Si è compiuto il paradosso del servo che non riesce più a vivere senza l’obbedienza al padrone e, con una adeguata colonizzazione dell’immaginario fornita dai media, nemmeno più immaginarsi senza catene. Né l’alchimia né la magia sono in grado di risolvere il problema dell’attuale crisi, che non sta nell’Aula bensì nell’Istruzione-Istituzione.
Occorre descolarizzare la nostra visione del mondo, e per arrivare a questo dobbiamo riconoscere il carattere illegittimo e religioso dell’impresa scolastica in se stessa. La sua hubris sta nel proposito di fare dell’uomo un essere sociale sottoponendolo a un trattamento entro un processo predeterminato.

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