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giovedì 5 aprile 2012

San Michele aveva un gallo di Paolo e Vittorio Taviani

“San Michele aveva un gallo, bianco rosso, verde e giallo …”

San Michele aveva un gallo si situa nell’ultimo quarto del secolo scorso. L’eroe, Giulio Manieri, che ha studiato matematica ma vive facendo il gelataio partecipa verso il 1880 a delle azioni di propaganda del fatto organizzati in differenti villaggi dagli anarchici internazionalisti. Arrestato dalla polizia viene condannato a morte e vede la sua pena commutata in detenzione a vita. Giulio vive gli anni di isolamento senza nessun contatto. Sopravvive immaginando. La cella si riempie delle parole sue e dei compagni, di suoni e rumori. Passa dieci anni fra le quattro mura di una cella prima di essere trasferito in una nuova prigione: nel corso del viaggio sulla laguna di Venezia egli incontra degli altri prigionieri e si suicida dopo aver preso conoscenza della sua incapacità di adattarsi alle nuove forme che hanno preso il pensiero e l’azione rivoluzionaria. Il suicidio per Giulio è l’ultima affermazione della sua personalità e della forza delle sue convinzioni.
il film mette a confronto due diverse concezioni di lotta politica in vista della realizzazione di una società più giusta. Giulio Manieri incarna il socialismo anarchico, insofferente di ogni forma di gerarchia e di progetto a lunga scadenza e proteso all'immediata conquista del potere attraverso l'insurrezione armata: si tratta di una visione spontaneistica e fortemente volontaristica della lotta di classe, incentrata sulla pratica clandestina e lo scontro frontale con lo Stato; il gruppo di prigionieri politici dell'altra barca simboleggia, invece, il socialismo scientifico d'ispirazione marxista che, sulla base di una visione gradualista del divenire storico, assume tempi più lunghi per la rottura rivoluzionaria ed indica nella lotta legalitaria per le riforme e nel partito politico fortemente organizzato gli strumenti privilegiati d'azione.

I fratelli Taviani propongono la loro idea di cinema dialettico sia dal punto di vista dei contenuti, sia della forma. Ne esce un film asciutto e nudo, che fa della povertà produttiva una risorsa.
Cinema politico e civile degli anni settanta fatto per aprire discussioni, provocare crisi e far riflettere, senza dare risposte definitive e rassicuranti.
L’utopia sta sempre oltre la storia, sfugge al tempo.

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