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giovedì 8 marzo 2012

ERASERHEAD la mente che cancella di David Lynch

Un demiurgo maligno, dal volto sfigurato di cicatrici, comanda, tramite un sistema di leve, l’arrivo sul pianeta di feti umani mostruosi, bombardando la terra di larve vermiformi che aspettano solo, per svilupparsi, le occasioni offerte da quella pulsione generatrice di mostri che è lo stimolo sessuale, anche chiamato, più romanticamente, amore.
Il feto dall’aspetto di coniglio scuoiato, nato prematuramente, è il prodotto di una fecondazione astrale a carattere maligno, che ha scelto due giovani (Henry e Mary) come tramiti inconsapevoli: ma appare chiaro che questi presunti genitori sono affetti da un grado di mostruosità solo leggermente attenuato rispetto a quello della loro creatura.

Se questa sembra una larva abominevole, un aborto animale da incubo, che tuttavia si lamenta, piange, può ispirare pietà, proprio come un bambino, Mary è soggetta a crisi di epilessia e afflitta a sua volta da una madre vampira e da una nonna catatonica, mentre suo padre alleva polli sintetici che, per quanto cotti nel forno, si rifiutano di morire ed emettono, se si cerca di tagliarli, schizzi nauseabondi di liquido nero. Quanto a Henry, non è facile capire da quale strana congiuntura astrale anche lui sia nato. Non si può dire sia mostruoso, ma goffo certamente si, con la sua giacchetta nera, i pantaloni troppo corti, le ghette bianche che a ogni movimento si inzaccherano. Ha l’aria perennemente sperduta di chi non sa come sia capitato al mondo. Abita in una desolata periferia industriale, tra edifici abbandonati, dai quali tuttavia continuano a provenire rumori di officine fantasma.
Eraserhead non ha nulla della facilità delle inversioni e invenzioni surrealiste, né della studiata figuratività espressionista. Eraserhead stupisce per la capacità di tener fede alla forma linguistica dell’incoscio senza dimenticare di comprendervi la follia ossessiva e lucidamente illuministica di tale stessa intrapresa, senza cioè abbandonarsi al mimetismo onirico. Eraserhead riesce in questo nonostante la fortissima connotazione fantastica di ogni immagine e di ogni inquadratura.
Il suono che ne arriva è ogni volta almeno doppio, come lo è fisicamente nel film (grazie al lavoro di Alan Splet). Realistico e infernale rumore di una periferia cittadina, ma anche suono di fondo del mondo che ruota dentro il vuoto cosmico; un’orrenda disarmonia delle sfere che rompe la rassicurante e abituale omogeneità del suono filmico, eterno garante della riconoscibilità dei singoli oggetti cinematografici.
Cinema anarchico, dove Lynch con Eraserhead dimostra che anche nel cinema le leggi non esistono, e se esistono, esistono solo per essere violate.


“Un film dovrebbe camminare con le proprie gambe. E’ assurdo che un regista debba spiegarne il significato a parole. Il mondo creato nel film è un prodotto della fantasia e talvolta le persone amano entrarci. Per loro quel mondo è reale.” David Lynch  

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