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mercoledì 21 dicembre 2011

RIFIUTO DEL LAVORO

Sostituendosi al potenziale creativo, il lavoro penetra nell'evoluzione con una micidiale forza di frammentazione. Sotto l'onda d'urto dei gesti ripetitivi, dei comportamenti lucrativi, dei modi servili e tirannici, la ricchezza dell'essere si decompone in una paccottiglia di idee e di oggetti triturati e selezionati dai meccanismi dell'avere.
La necessità di produrre e di consumare beni materiali e spirituali rimuove la realtà dei desideri, la nega nel nome di una realtà forgiata dall'economia. 
La storia mostra con una precisione crescente come il lavoro perfezioni la meccanizzazione dell'individuo e della società nella misura in cui la merce estende il suo impero sulla terra e nel corpo.
C'è qualcosa di artigianale nel martellamento originario del godimento e nell'orgia, la sommossa, il massacro in cui il godimento si sfoga non appena rallenta il lavoro regolatore del re, del prete, del funzionario, del plebeo, dello schiavo. 
C'è un'universalità industriale nei furori rivoluzionari che imprimono allo sfogo delle passioni oppresse la coscienza di un imminente cambiamento sociale. Ma che disillusione, anche lei universale, quando appare chiaro che le rivoluzioni non hanno fatto che tradurre il passaggio da uno stadio economico ad un altro, e che le nuove libertà non includono affatto la libertà di godere.
Solo il lavoro che trasforma il mondo è stato il motore di un progresso che ha propagato ovunque la sconfitta dell'umano e l'immagine della sua vittoria. Da quando l'obbligo di produrre si è prolungato in persuasione di consumare, il lavoro si è trasformato da oggetto di orrore in soggetto di soddisfazione. 
La merce ha sfruttato così bene fino ai suoi limiti l'energia della vita terrestre ed individuale che un grande languore spinge alla morte la foresta incantata di Broceliande e il meraviglioso desiderio di amare che essa ispira.
Chi si ostina a partecipare a questo tipo di mondo si impantana nei tic e nelle ripetizioni del suo stesso rintocco funebre. Tutto il suo discorso, come la sua esistenza, si riduce a un' orazione funebre. È ormai al crocevia tra la morte consentita e la vita da creare che si gioca la posta del destino.

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