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giovedì 14 luglio 2011

NO copyright

“Lorsignori vogliono una società dove si paghi un balzello anche quando si canta "Tanti auguri a te" alle feste di compleanno. Non è una boutade: la celeberrima canzone non è di pubblico dominio, i diritti per l'Italia sono
della Emi-Sugar.”

L’intelligenza collettiva non è semplicemente un modo di lavoro collettivo. E' anche una modalità operativa di conoscenza del mondo. Di fatto non sarebbe possibile ritenere l'enorme quantità di informazioni significative che ogni giorno, fin dalla nascita, percepiamo attraverso l'esperienza. Per fronteggiare questo problema l'umanità ha creato nel suo procedere storico un'enormità di artefatti cognitivi, disseminati negli oggetti, nei testi, nei comportamenti e nella lingua in generale. Ovverosia gli oggetti si danno alla nostra percezione fornendoci attraverso forma e sostanza le tracce inerenti al loro senso ed uso. In pratica il processo del nostro pensiero non si avvale esclusivamente degli input che emergono dall'interno, ma si appoggia a una parte della mente disseminata negli artefatti cognitivi di cui il mondo abbonda. Il nostro pensiero, funziona grazie ad una parte della nostra mente collettiva che risiede nelle cose che ci circondano e che sono il prodotto delle molteplici culture che si sono susseguite, mescolate e rielaborate.
Questo vuol dire che non possiamo fare a meno dell'intelligenza collettiva per elaborare pensieri sensati. Che, dunque, qualsiasi cosa prodotta da ognuno di noi è contemporaneamente anche il frutto dello sforzo del resto della collettività nello spazio e nel tempo.
E' difficile quindi pensare di poter assegnare ad alcuni il diritto di possedere una proprietà intellettuale esclusiva su qualcosa.
Il copyright, la «riserva del diritto d'autore sulla riproduzione di un'opera» (libro, disco, programma che sia), è un chiaro esempio di come sia il denaro a scandire la nostra vita, a regolarla e ad orientarla. Quando andiamo in libreria e acquistiamo un libro, sborsando una somma più o meno elevata, ne usciamo solitamente soddisfatti di poter godere un bene che riteniamo di aver liberamente scelto. Ma non è proprio così. La nostra scelta dipende dalle nostre possibilità economiche, dalla selezione di libri che qualcuno ha messo "a nostra disposizione"; qualcuno che a sua volta ha dovuto scegliere fra i libri che un altro ancora ha scelto per lui. Dunque il lettore è condizionato dalle scelte del libraio, che è condizionato dalle scelte del distributore, che è condizionato dalle scelte dell'editore.
Il risultato di questo iter non ha nulla a che vedere con il nostro "sapere e la nostra "cultura", ma solo col conto in banca dei tanti bottegai. In tutto ciò il copyright svolge un ruolo importante, determinando le scelte di un editore, il prezzo di un libro, la sua stessa presenza in libreria, fino alla nostra possibilità di acquisto. Serve cioè ad arricchire chi sfrutta un nostro desiderio: leggere un libro, ascoltare un disco o quanto altro.
Come ogni proprietà. esso è un furto

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